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recensione cronaca
di una fuga
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Argentina, 24 marzo
1976: un colpo di
stato militare rovescia
il governo di Isabel
Peron. La Giunta controllata
dall’ammiraglio
Emilio Massera, dal
generale Orlando Agosti
e da Jorge Rafel Videla
attua una politica
di dura repressione
e violenza. Tutte
le libertà
democratiche sono
soppresse. Nel nome
di un utopico “processo
di riorganizzazione
nazionale”,
si instaura una delle
più orribili
dittature militari
della storia argentina.
Basato su una storia
vera, Cronaca di una
fuga, è un
film che intende riproporci
con uno sguardo reale
e assolutamente credibile
quei momenti. Un commando
che opera per il governo
fascista rapisce il
portiere di una squadra
di calcio di serie
B, Claudio Tamburrini
(Rodrigo De la Serna).
Trasferito in una
vecchia villa adibita
a centro di detenzione
clandestino, noto
come Mansiòn
Seré, il prigioniero
viene |
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sottoposto
a torture
fisiche
e psicologiche
di sconcertante
violenza.
Insieme
ad altri
detenuti,
combatte
per
sopravvivere
mentre
attende
che
si decida
il suo
destino.
Dopo
quattro
mesi
di detenzione,
Claudio
e altri
tre
prigionieri,
in un
ultimo
gesto
disperato,
fuggono
da una
finestra
completamente
nudi.
I loro
corpi,
ancora
pieni
dei
lividi
causati
dalle
percosse,
corrono
verso
un futuro
che
fino
a poco
prima
si era
creduto
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impossibile
da raggiungere.Tratto
dal libro
scritto dallo
stesso Tamburrini,
Pase Libre-
La fuga de
la Mansiòn
Seré,
il film colpisce
soprattutto
per la compattezza
formale delle
scene. In
appena centotre
minuti siamo
veramente
catapultati
in una realtà
claustrofobica
e delirante,
dove l’esterno
è vicino
e inarrivabile,
dove la salvezza
è irraggiungibile
eppure così
a portata
di mano. Se
l’intento
del giovane
regista uruguayano,
Israel Adriàn
Caetano, era
quello di
denunciare
una situazione
dove i diritti
umani sono
gravemente
violati e
al tempo stesso
intrattenere
il pubblico,
possiamo dire
che l’obiettivo
è raggiunto.
Montaggio
serrato, riprese
a mano tremolanti
e le cupe
musiche di
Ivan Wyzsogrod
sono un mix
vincente per
questo thriller
dove non mancano
colpi di scena
e pathos.
Il film si
concentra
in particolare
sul modo in
cui la tortura
porta gli
esseri umani
a “sparire”
psicologicamente,
ad alienarsi
da quella
realtà
ed è
molto interessante
scoprire come
siano funzionali
a ciò
le dinamiche
interne ad
un manipolo
di prigionieri.
Elemento questo
che mancava
nei precedenti
film “di
fuga”
, se si vede
indietro passando
per Papillon
di Schaffner,
fino ad arrivare
al primo capostipite
Un condannato
a morte è
fuggito di
Brèsson.
E proprio
come in quest’ultimo
capolavoro,
Cronache di
una fuga,
fa della componente
sonora una
parte fondamentale
della sua
struttura
diegetica.
Per gran parte
del tempo
le riprese
si limitano
alle sole
quattro mura
dove sono
detenuti i
prigionieri,
i soli segnali
esterni sono
affidati a
rumori esterni
che in molti
casi sono
presagi di
morte. Ottima
anche la fotografia
che rende
l’immagine
granulosa,
grezza e molto
scura. Notevole
l’interpretazione
di Rodrigo
de la Serna,
irriconoscibile,
dimagrito
ben diciotto
chili dal
precedente
i Diari della
Motocicletta.
Tutto questo
non sembra
bastare per
la giuria
di Cannes,
dove il film
passa quasi
inosservato,
peccato. In
conclusione,
l’opera
è un
valido esempio
di come si
possa intrattenere
e al contempo
fare un cinema
di alta qualità.
Torna qui
anche l’utilità
prima del
cinema e cioè
documentare
per evitare
un pericoloso
oblio, rinnovando
la memoria
di quei duecentomila
desaparecidos
che hanno
avuto una
sorte differente
da quella
dei ragazzi
di Mansiòn
Seré.
(recensione
di Massimiliano
Micci )
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di una fuga"! |
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