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recensione come un uragano
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Lei e lui, le due classiche solitudini che si incontrano in un hotel sperduto e disabitato. Lei lo gestisce l'hotel, lui è l'unico avventore. Lei ha problemi col marito e con la vita in generale, lui con il figlio e con la vita in generale. Ovviamente lui è Richard Gere e lei Diane Lane (in coppia formano un brand ormai) e l'hotel sperduto è un posto incantevole che sorge direttamente sul mare. Si incontrano e dopo nemmeno due ore si sono raccontati già tutto l'uno dell'altro: matrimoni falliti, divorzi, perdite dolorose, cicatrici, rimpianti. Un flashback via l'altro e veniamo anche noi a conoscenza degli antefatti, pochi e irrilevanti per la verità. Quello che succederà da lì in avanti è facilmente intuibile, con l'uragano del titolo alle porte, lui che prima vuol partire poi rimane e se due più due fa ancora quattro allora è facile che finiscano una |
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nelle braccia dell'altro. Il finale col botto assomiglia più ad un tonfo, quello del film che già in equilibrio precario, si schianta definitivamente al suolo, schiacciato dal peso di incongruenze raffazzonate, risoluzioni repentine e sensi di colpa appiccicati con lo sputo. A sua parziale difesa va detto che "Come un uragano" non nasconde mai quello che è: il tipico film sentimentale per palati buoni costruito a tavoli- |
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no, dove racconto e scrittura vengono sacrificati e trasformati in mero pretesto per l'ennesimo sospiro, l'ennesima frase d'amore pronunciata sottovoce, l'ennesima strampalata romanticheria ad effetto. Del resto l'autore è lo stesso de "Le parole che non ti ho detto", il che equivale a dire se lo conosci lo eviti. Stessa ambientazione marittima, stessa tendenza alla grafomania, stesso senso di ineluttabilità stucchevole che scocca sempre nel momento più o meno propizio, dipende dai punti di vista. Rimane un problema insormontabile quando nel momento clou del film, nel momento di massima intensità drammatica, invece di piangere scappa da ridere. Può accadere quando ci si affida con disinvolta faciloneria alle ragioni di un presunto, non dimostrato, destino cinico e baro, piuttosto che a quelle di un bravo sceneggiatore.
(di Mirko Nottoli)
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