CLOVERFIELD
 

recensione cloverfield

 
Bob Hawkins deve partire per il Giappone, così suo fratello e alcuni amici organizzano per lui una festicciola di commiato, muniti dell'immancabile videocamera con la quale filmeranno i saluti e gli auguri all'amico. Proprio durante il party però i palazzi di Manhattan tremano, si pensa ad un terremoto, la TV annuncia che una petroliera si è rovesciata appena fuori New York, così gli invitati vanno sul tetto del grattacielo per capire meglio cosa sia successo. E' lì che vedono una gigantesca esplosione: nessuno sa cosa sia successo e tutti si riversano per le strade in cerca di una via di fuga. Appena in strada, i grattacieli intorno incominciano a crollare e inquietante rotola davanti agli occhi increduli dei protagonisti la testa della Statua della Libertà. Sono queste le premesse dell'ultimo film catastrofico con mostro annesso, un po' a rinverdire i fasti di  
 
Godzilla. Proprio in Giappone J.J. Abrams (che i più conoscono come produttore di serie di successo come Alias e Lost) ha maturato l'idea di un film del genere, vedendo come i nipponici siano ancora appassionati al mostro che faceva a pezzi le città. L'hype che Abrams ha creato attorno a questo film ha fatto sì che anche i non appassionati del genere sviluppassero un certo interesse per il film, tanto da crearsi giustamente  
delle aspettative di una certa consistenza; invece la pellicola diretta da Matt Reeves si è rivelata esattamente il film che gli scettici si aspettavano. Certo, vi sono dei meriti da ascrivere al cast tecnico del film (tutti ex o attuali collaboratori di Abrams) come ad esempio la coraggiosa scelta di raccontare la storia interamente dagli occhi dei protagonisti e della loro videocamera (una specie di video delle vacanze leggermente più movimentato, insomma), oppure la splendida fotografia di Michael Bonvillain. Ma oltre a queste chicche tecniche la storia è veramente debole, oltre a cadere in alcuni classici cliché del genere. Di sicuro, nei venti minuti successivi all'esplosione, il film è molto godibile e serrato e riesce facilmente a mantenere lo spettatore in uno stato di sospensione dell'incredulità. Stato che via via scema sino a lasciare il posto alla delusione. La narrazione, pur mantenendo un buon ritmo, comincia a scadere in situazioni trite e ritrite oppure addirittura ridicole, a titolo esemplificativo bastino le solite persone normalissime a vedersi, che invece chissà come riescono a resistere alle ferite più gravi e anche rimanere incolumi dopo essere precipitati con un elicottero. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. Non che ci potesse aspettare chissà quale storia, insomma, ma si poteva fare molto meglio. Anche il finale rimane aperto, data la natura particolare della storia (l'intero film è “solamente” il contenuto dell'SD card della videocamera) nulla viene svelato sull'origine del mostro e addirittura non si sa se questo è stato sconfitto. I soliti tam-tam in rete parlano di una vera e propria saga di Cloverfield in arrivo, anche grazie ad alcune indiscrezioni del regista stesso. Cloverfield raggiunge alte vette solamente per quanto riguarda il comparto tecnico: la resa è eccezionale e il costo è “solamente” 28 milioni di dollari, gli effetti speciali magistrali e alcune scene memorabili non salvano però il film dall'assoluta mediocrità generale. A ben vedere la scelta di utilizzare solo la videocamera dei protagonisti per raccontare la storia si rivela un' arma a doppio taglio: da sì la sensazione di realismo, in particolare nella prima parte, ma poi risulta difficile anche solo immaginarsi che della gente rincorsa da mostri o sospesa su grattacieli pericolanti abbia la costanza di filmare tutto quello che sta succedendo. Forse le aspettative troppo alte influiscono più di quanto dovrebbero nel giudicare quello che rimane un film “alla Godzilla”, ma quello dei giudizi negativi è un rischio che Abrams avrà corso volentieri visto che comunque Cloverfield ha già incassato 41 milioni di dollari nel primo week-end nelle sale.


(recensione di Amedeo Scalese )

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