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recensione: chiamata
senza risposta
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Già l’horror
made in Japan “The
Call” non era
un capolavoro, nonostante
la firma del pluriosannato
Takashi Miike, figuriamoci
il remake hollywoodiano
diretto da chicchessia,
infarcito del consueto
gruppo di giovinastri
che cadono uno ad
uno sotto i colpi
inconsulti della maledizione
del fantasma formaggino,
in questo “Chiamata
senza risposta”,
horror di grana grossa
ottimo per occupare
le sale d’inizio
estate tra sequel
più o meno
autorizzati e dimenticati
fondi di magazzino.
La morte corre sul
filo, ovviamente del
telefono. Anzi no,
perché i telefoni
sono quelli cellulari
e il filo non ce l’hanno.
Insomma, se fino a
qualche tempo fa una
telefonata ti salvava
la vita, adesso c’è
caso che te la tolga,
con dinamiche che
a dirle imperscrutabili
non si farebbe loro
che un complimento.
Spunto di partenza
e sviluppo (se di
spunto e |
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sviluppo
si può
parlare)
sono
gli
stessi
dell’originale:
una
donna
viene
trovata
morta,
un’altra
riceve
una
telefonata
dalla
defunta,
ma nella
telefonata
sente
quelle
che
saranno
le sue
ultime
parole
prima
di morire
a sua
volta.
Se qualcuno
riesce
a trovarci
un senso,
bene!,
perché
noi
non
ne siamo
capaci.
Magari
la soluzione
sta
nelle
caramelle
che
le vittime
hanno
in gola
o magari
vuol
funzionare
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da monito
contro i danni
che le onde
elettromagnetiche
provocano
al cervello.
Ma se così
fosse perché
allora i gestori
di telefonia
mobile non
hanno protestato?
Che non abbiano
capito neppure
loro il messaggio?
Che la critica
sanitario-sociologica
sia troppa
celata? O
più
semplicemente
trattasi di
interpretazione
impropria?
Troppe le
domande che
non trovano
risposta…
Rispetto al
modello dura
meno e questa
è l’unica
variante di
rilievo. La
provenienza
è orientale
quindi va
da sé
la presenza
di bambinelli
incazzosi
dalla faccia
impassibile,
spiritelli
maligni che
strisciano
sui muri,
visioni spettrali
e il consueto
pacco a base
di traumi
infantili,
violenze e
rimozioni
subcoscienti
secondo l’ormai
collaudato
armamentario
raffazzonato
di “The
ring”
mescolante
sovrannaturale
e tecnologia,
che sarebbe
come dire
umano e non-umano,
materia e
spirito, alto
e basso, cielo
e terra, natura
e cultura,
in modi del
tutto incongrui
e arbitrari,
visto che
alla fine
dei giochi,
mai si capisce
cosa c’azzecca
una con l’altra.
A parte la
locandina
più
brutta di
tutti i tempi,
“Chiamata
senza risposta”
si segnala
esclusivamente
per vedere
che fine può
fare uno che
ha esordito
al cinema
dirigendo
i “Fratelli
McMullen”
e adesso tenta
di arrivare
a fine mese
facendo da
comprimario
qualunque
a Shannyn
Sossamon.
(di Mirko
Nottoli
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recensione del
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senza risposta"! |
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