CHE FINE HA FATTO OSAMA BIN LADEN?
 
locandina che fine ha fatto osama bin laden?

recensione

 
Il sentore che Morgan Spurlok fosse un mezzo bluff l'avevamo avuto già con "Super Size Me". Quell'esperimento di mangiare per un mese solo panini McDonald non aveva convinto nessuno, espediente più efficace a fini promozionali che davvero capace di dimostrare alcunché (provate a mangiare per un mese una camionata di sole mozzarelle di bufala poi vediamo come vi sentite!). Con questo "Che fine ha fatto Osama Bin Laden?" ne abbiamo in parte una riconferma. In parte perché appare buono lo spunto di partenza e buona anche la messa in scena tra il divertito e il grottesco che immagina il documentario nella foggia di un videogame a livelli, con preparazione, allenamento, differenti step e scontro finale (indovinate chi è il mostro). L'idea nasce quando il nostro Morgan riceve dalla sua compagna la notizia ferale:  
 
sarebbe diventato presto padre! Preso dal panico, il regista comincia a porsi delle domande: in quale mondo vorrebbe far crescere il proprio figlio? Come fare a garantirgli un futuro sereno? Come fare se c'è ancora in circolazione il nemico pubblico n. 1, il mandante dell'attentato alle torri gemelle, colui che ha dichiarato pubblicamente guerra agli Stati Uniti, Osama Bin Laden? Per catturarlo gli Stati Uniti si sono   recensione che fine ha fatto osama bin laden?
inventati due guerre, si sono inventati le armi di distruzione di massa, si sono inventati cellule terroristiche dentro ogni moschea sparsa per il mondo, ma 9 anni dopo quell'11 settembre Osama Bin Laden risulta ancora latitante. Il suo braccio destro, il mullah Omar, è fuggito in motocicletta proprio sotto il naso dell'intelligence (ma da pochi giorni rimbalza la notizia di una sua probabile cattura), Osama continua beato a mandare appelli via etere per la gioia di Al Jazeera (quanto costerà uno spot durante un video di Bin Laden?) mentre un pool di esperti della Cia automaticamente si riunisce per analizzare la conformazione rocciosa alle sue spalle nel tentativo di individuare la grotta dove si nasconde. Ma invano. Da qui la decisione del nostro eroe, di abbandonare la moglie incinta per mettersi lui sulle tracce del famigerato sceicco del terrore, scovarlo e magari ucciderlo. In realtà quella che a prima vista potrebbe ricordare un'impresa venata di follia simile a quella già raccontata sotto forma di fiction (ma ispirata ad un fatto vero) in "The hunting party" (là era l'ex Jugoslavia qua il Medio Oriente, là era Radoslav Bogdanovic qua Bin Laden) si trasforma in un semplice e piacevole viaggio attraverso i principali paesi musulmani per raccogliere l'opinione della pubblica piazza sulla cosiddetta questione mediorientale e sull'ingerenza degli Stati Uniti negli affari di stato altrui. Si passa dall'Egitto all'Arabia, dalla Palestina ad Israele, dall'Afghanistan al Pakistan. Si chiede ad un passante cosa ne pensa di Bin Laden, ad un altro degli Stati Uniti, ad un altro ancora del terrorismo. Non che non vi siano testimonianze interessanti, anzi, la contrapposizione evidente che emerge dalle diverse realtà che il qualunquismo occidentale tende ad accomunare in un'unica nebulosa indistinta sotto l'etichetta dell'Islam, è di sicuro la parte più preziosa e illuminante della pellicola. Quando però ci sarebbe da spingersi oltre la superficie, quando cioè l' indagine avrebbe dovuto farsi fattiva e forse pericolosa, con la semplice scusa che non ne vale la pena, Spurlok finge vittimismo (deve essere un'abitudine), gira i tacchi e se ne torna comodamente a casa. La risposta alla domanda "Che fine ha fatto Osama Bin Laden?" non solo non viene trovata (nessuno pretendeva tanto), ma, a dispetto delle premesse, non viene mai nemmeno cercata.


(di Mirko Nottoli )


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