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Los Angeles, marzo
1928, un sabato mattina
come tanti in un quartiere
popolare della periferia
della città,
Christine Collins
(il premio oscar Angelina
Jolie), saluta il
figlio Walter di nove
anni e si reca presso
la società
telefonica dove lavora
come centralinista.
Rientrata la sera
a casa, Christine
non trova il figlio
e per lei inizia il
peggior incubo: la
scomparsa, senza nessuna
traccia, di suo figlio.
E’ l’inizio
di “Changeling”,
ultimo film di Clint
Eastwood, intenso
nel suo classicismo
raffinato, mediato
sulla scia della vecchia
forma comunicativa
hollywoodiana, intrisa
di sconcertante sincerità
e forte potenza espressiva,
che Eastwood sa rendere
in modo mirabile.
“Changeling”,
nella sua forma lineare,
fluida e coesa, sorprende
non poco per essere
un perfetto film noir,
ma nello stesso tempo
sferzante sul piano
politico, |
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mostrando
inoltre
anche
il volto
sommerso
della
modernità
americana.
Il soggetto
del
film
è
di Michael
Straczynski,
ed è
ispirato
ad un
fatto
realmente
accaduto
nell’America
degli
anni
della
grande
depressione.
Un bambino
di nove
anni
sparisce.
Quattro
mesi
dopo
la polizia
di Los
Angeles
presume
di aver
trovato
il bambino
e lo
consegna
alla
madre
Christine,
che
non
accetta
quel
bambino
come
suo
figlio,
nella
certezza
che
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si tratti
d’un
impostore.
Christine
Collins non
si arrende
ed intraprende
una lotta
coraggiosa
con il Dipartimento
di Polizia
di Los Angeles,
supportata
in pieno dal
reverendo
Gustav Briegleb
(un sempre
straordinario
John Malkovich).
Nello stesso
tempo un ispettore
di polizia
scopre che
in realtà
esiste uno
psicopatico
omicida, Gordon
Northcott
(Jason Butler
Harner), che
cattura bambini,
li conduce
nel suo ranch
e li uccide
facendoli
a pezzi ad
accettate.
La sapienza
registica
di Eastwood
nelle prime
sequenze del
film mostra
la realtà
cittadina,
la vita familiare
di Christine
e del suo
figlioletto.
Pian piano
la trama prende
vigore e forza,
catturando
l’emozione.
La grande
depressione
del ‘29
è alle
porte, corruzione,
crimini, violazioni
gravi di diritti
sociali e
civili, sono
denunciati
con voce imperiosa
dallo stesso
reverendo
Briegleb che
addita senza
mezzi termini
la polizia
corrotta e
lasciva di
Los Angeles.
Questa mancanza
di sicurezza
sociale ed
il gratuito
potere istituzionale
che colpisce
i soggetti
deboli sono
il baratro
verso cui
si dirige
l’occhio
chirurgico
della regia.
La modernità
è incarnata
dalla fosca
e sibillina
figura del
capitano Jones
(Jeffrey Donovan),
tecnocrate
della repressione
e della corruzione.
La storia
di “Changeling”
scorre senza
intoppi, forte
di una ricostruzione
storica impeccabile
e di sceneggiatura
e scenografia
limpide e
perfette.
Una storia
vera narrata
sapientemente
in un sottotono
mordace e
penetrante.
Una storia
che scatena
a briglia
sciolta storie
attigue e
parallele
come l’orrore
dei manicomi,
la giustizia
imbavagliata
e all’occorrenza
resa spettacolo
dall’assurdità
ed inutilità
del rito forcaiolo.
Ancora una
storia dunque,
sull’America,
sulla gente
dell’America,
che si aggiunge
a tutte le
altre storie
americane
che Eastwood
offre sullo
schermo cinematografico
da alcuni
anni come
“Mistic
River”,
“Million
Dollar Baby”,
“Lettere
da Iwo Jima”.
Film diventati
ormai documenti
di denuncia
sociale e
politica,
che parlano
di diritti
individuali
e collettivi.
Ma parlano
soprattutto
di persone,
delle loro
emozioni ed
aspettative,
motori indiscusse
della vita
stessa. E
“Changeling”,
forte al tempo
stesso di
una straordinaria
fotografia
di Tom Stern,
filtrata ad
arte da un
gioco di ombre
dai colori
smorzati,
continua questa
serie fortunata
di questo
regista che
quasi alle
soglie degli
ottant’anni,
non cessa
di stupirci
e farci riflettere,
regalandoci
momenti di
cinema vero
e di indiscussa
bravura artistica.
Una nota di
merito va
data ad Angelina
Jolie che
ha saputo
rendere alla
perfezione
la credibilità
del suo personaggio
di donna provata
dalle circostanze,
ma nello stesso
tempo aggressiva
e determinata
nella sua
lotta per
la giustizia.
(di Rosalinda
Gaudiano
)
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