|
|
|
|
|
|
«Questo - dichiara
Ermanno Olmi - è
il mio ultimo film
di fiction. Passo
ai documentari…».
Dopo aver visto “Centochiodi”
ci si dispiace ancor
più della (irrevocabile?)
decisione del maestro.
È un film che,
nonostante la personale
riluttanza ad usare
questo termine, si
può definire
un capolavoro. Lo
è per il coraggio
mostrato da un cattolico
come Olmi nel denunciare
i vizi e i guasti
del dogmatismo della
Chiesa, e, più
in generale, di tutte
le religioni, oltre
che per motivi del
tutto cinematografici:
trama, fotografia,
recitazione, tempi,
musiche e tutto ciò
che fa di un film
un’opera d’arte.
Un giovane e affermato
professore di filosofia
delle religioni all’Università
di Bologna (Raz Degan)
compie un gesto criminoso
(che non riveliamo
per lasciare ai lettori
di questa recensione
la possibilità
di godere delle emozioni
che |
|
|
|
le immagini
sanno
dare)
in seguito
al quale
decide
di abbandonare
tutto
rifugiandosi
sulle
rive
del
Po dove
si appropria
di un
vecchio
e fatiscente
rudere
e ne
fa la
sua
dimora.
Intrecciando
rapporti
di amicizia
e affetto
con
gli
abitanti
del
luogo,
scoprirà
la bellezza
della
vita
della
gente
semplice
e il
valore
dei
rapporti
umani
liberi
da pesanti
sovrastrutture
sociali
e religiose.
Ma intanto
nei
suoi
confronti
è
stata
|
|
|
|
avviata un’indagine…
Naturalmente
questa è
un’estrema
sintesi, ”Centochiodi”
in realtà
racconta del
ritorno di
Cristo, ma
di un Cristo
che, come
ci ha detto
Olmi in conferenza
stampa: “non
è l’idolo
degli altari
e degli incensi
e neppure
quello dei
libri che
conterngono
i dogmi religiosi,
spesso usati
come mezzo
di sopraffazione”.
È un
Cristo che
è uomo
e si ribella
ai dogmi,
alle regole,
per abbracciare
il rispetto
degli uomini.
“Le
religioni
impongono
regole e discipline
– dice
il regista
– per
rispettare
le quali si
sono compiute
le più
grandi tragedie
dell’umanità”.
Il gesto che
il protagonista
compie non
è come
potrebbe sembrare
una ribellione
alla cultura,
ma verso quella
cultura che
fa dell’uomo
uno schiavo
delle regole.
Ci sono frasi
nel film che
sembrerebbero
dette da un
ateo convinto,
come “le
religioni
non hanno
mai salvato
il mondo”,
e “Dio,
il massacratore
dell’umanità”,
e ancora “il
giorno del
giudizio sarà
Lui a dover
rendere conto
della sofferenza
dell’umanità”.
Frasi dure,
quasi blasfeme,
che se dette
da un regista
non credente
sembrerebbero
un’offesa
a quanti credono,
ma dette da
un credente
come Olmi
assumono una
straordinaria
forza nel
denunciare
ogni dogmatismo.
“Centochiodi”
è quasi
un manifesto
rivoluzionario
in un’epoca
dove in Occidente
si riaffaccia
l’arroganza
delle gerarchie
ecclesiastiche
nel voler
incidere nelle
libere scelte
dei cittadini
(si pensi
ai Pacs, ai
Dico e così
via), e in
Oriente si
compiono atrocità,
che avevamo
creduto sepolte
in epoche
barbariche,
in nome di
un’altra
religione.
Un film che
per i credenti
sarà
un mezzo per
riflettere
sull’origine
del messaggio
cristiano
e su San Francesco,
per i non
credenti comunque
un messaggio
di spiritualità,
che non necessariamente
va ricondotto
alla fede
in questo
o quel Dio.
Raz Degan
è una
vera sorpresa
e il suo sguardo
profondo dà
al personaggio
lo spessore
che merita.
Bravi anche
i personaggi
di contorno,
mirabilmente
diretti. Bella
la fotografia
di Fabio Olmi,
ottime le
musiche di
Fabio Vacchi,
mirabilmente
interpretate
nientemeno
che da Paolo
Fresu e Antonello
Salis. Un
film da non
perdere, ad
ogni costo.
(recensione
di Claudio
Montatori
)
|
-
Scrivi la tua
recensione del
film "un
ponte per centochiodi"! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2007.
Tutti i diritti (su articoli e recensioni) sono riservati.
|
|
|