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Il Caramello, posato
ancora caldo sulle
papille gustative,
provoca sorrisi e
brividi di pura dolcezza.
Al tempo stesso, se
appiccicato sulla
pelle delicata del
viso o delle gambe,
strappa via i peli
con dolorosa amarezza,
suscitando grida e
smorfie di dolore.
È il caramello
la chiave di tutto,
della vita, dolce-amara,
di Layale e delle
altre donne che mandano
avanti un vivace salone
di bellezza, microcosmo
di variopinte femminilità;
e di questo piccolo
film libanese, col
suo oscillare tra
intuizioni divertite
e sentite e qualche
cliché telefonato.
La bella e volenterosa
Labaki, che dirige
e interpreta, scivola
nella trappola del
caramello, insistendo
un po’ troppo
sull’elemento
dolcezza e presentando
tutti i (già
noti) topoi della
saga al femminile
– l’amore
tormentato verso un
uomo indifferente,
l’ansia del
matrimonio, la smania
per la bellezza e |
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la mestizia
del
suo
ineluttabile
appassire,
l’amore
diverso,
appena
accennato,
lo spasimante
buono
e salvifico
–
ma,
come
la sua
protagonista,
si salva
grazie
ad una
commovente
e sentita
solidarietà
femminile
e grazie
al suo
approccio
emotivo
ed emozionale,
del
quale,
per
quanto
imperfetto
o prevedibile,
non
si può
proprio
fare
a meno
(in
special
modo
gli
uomini).
Distribuito
in Italia
dalla
LadyBlue
e dalla
Kitchen,
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la quale ha
sempre un
occhio sensibile
alle storie
di dolce e
saporita quotidianità,
“Caramel”
è un
film caldo
e appassionato,
polveroso
e zuccheroso,
girato in
una Beirut
che sembra
Napoli o Catania
e che si avvale
di un cast
coeso e colorato,
composto di
donne fragilmente
indistruttibili
che potrebbero
chiamarsi
Maria, Concetta
o Teresa.
In mezzo a
loro, un solo
uomo, fragile,
naif e dai
tratti “mastroianneschi”,
ma destinato
a svolgere
il ruolo di
salvatore.
Un prodotto
a volte divertente
(i siparietti
della vecchia
Lili), altre
commovente,
di sicuro
appassionato.
Tra tutte
le belle e
brave interpreti,
ne segnaliamo
una minore:
Rose (Adel
Karam), personaggio
intenso che
rimane impresso,
perché
tormentato
nel profondo
e perché
prigioniero
dei suoi doveri,
ma senz’altro
più
autentico
e più
forte delle
sue appariscenti
compagne di
avventure.
(recensione
di Dario
Bevilacqua)
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