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Dove sta andando la
Lega Nord? Quali sono
le radici profonde
del movimento politico
che, attraverso il
voto della devolution,
vuole riorganizzare
lo Stato italiano
su base federale?
Lo si può scoprire
andando a vedere questo
“Camicie Verdi”
di Claudio Lazzaro,
ex giornalista al
suo debutto come regista
e produttore: un film
documentario, un viaggio
all’interno
dei segreti e della
xenofobia della Lega
Nord. Con estremo
interesse (accompagnati
da un ritmo sostenuto,
con il pregio di un
raro commento fuori
campo e l‘intelligenza
di far parlare soprattutto
le immagini) seguiamo
i leader della Lega,
specialmente Mario
Borghezio, “politico
di strada” (il
più popolare,
il più applaudito
ai comizi), presidente
dei “Volontari
Verdi”, in origine
“Camicie Verdi”
(secondo il procuratore
Guido Papalia una
organizzazione paramilitare:
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da questa
accusa dovranno
difendersi
in ottobre
in tribunale).
Fondatore
delle Camicie
(volute dallo
stesso Bossi
quando lanciò
la sua sfida
allo Stato
italiano con
la dichiarazione
di indipendenza
della Padania)
è il
senatore Corinto
Marchini che,
a distanza
di dieci anni,
fa clamorose
rivelazioni
in questo
film dell’ex
collaboratore
de “Il
Corriere della
Sera”
(“Bossi
mi chiamò
all'una e
trenta di
notte e mi
disse di sparare
ai carabinieri,
dovevamo essere
pronti a finire
in galera“.
Ma non solo:
si era dato
l'ordine “di
uccidere Borghezio,
così
da farne un
martire da
usare nelle
piazze”).
Lazzaro ha
costituito
una società,
la Nobu Productions,
con l’intento
di realizzare
documentari
a basso costo
utilizzando
la potenzialità
dei nuovi
canali distri- |
butivi
(satellite,
dvd, internet).
La volontà
è di
combattere
l’informazione
negata, di
offrire al
pubblico ciò
che oggi la
televisione
e tanto cinema
addomesticato
non sono in
grado di dare
(e infatti
nessuna emittente
televisiva,
nessuna casa
di produzione
ha accettato
di finanziare
il progetto:
il film non
uscirà
nelle sale,
ma sarà
distribuito
il 16 maggio
in dvd nelle
librerie e
– successivamente
– nelle
edicole).
“Camicie
Verdi”
è una
dura e precisa
condanna degli
aspetti violenti
della propaganda
leghista,
del suo demonizzare
tutto ciò
che sente
come diverso
e straniero
(con toni
da crociata
e da guerra
di religione);
ma è
anche una
presa d’atto
del merito
della Lega
di aver sbloccato
il sistema
politico italiano
e di aver
esercitato,
all’inizio,
una funzione
dinamica e
utile ponendo
sul tappeto
veri problemi
(la sicurezza
dei cittadini,
l‘immigrazione
clandestina…).
Mostra altresì
la sua attuale
ambiguità:
moderata e
federalista
al Governo
e in Parlamento
(vediamo ministri
leghisti che
giurano, con
la mano sulla
bandiera,
davanti a
Ciampi), ancora
secessionista
e verbalmente
violenta nelle
manifestazioni
di piazza
(dove il tricolore
continua ad
essere bruciato).
Ed evidenzia
lo sconcertante
“giro
di valzer”
dei nostri
politici:
vien da ridere
(per non piangere)
ascoltando
i giudizi
che Berlusconi
e Bossi hanno
reciprocamente
formulato
(il primo
etichettato
come “capo
della mafia”,
il secondo
“inaffidabile
e infrequentabile”).
Volutamente
non sensazionalistico,
con toni asciutti
e scarni,
Lazzaro non
abusa del
suo ruolo
ed evita l’onnipresenza
alla Michael
Moore. Il
suo è
un ritratto
oltremodo
inquietante
e veritiero
di un mondo
povero culturalmente
e civilmente,
ritratto che
(si spera)
molti vorranno
vedere.
(di Leo
Pellegrini
)
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