BREACH
 

breach recensione

 
A distanza di qualche settimana dall’uscita di “The Good Shepherd”, un altro film, “Breach” ci addentra nei corpi scelti investigativi a cui gli Stati Uniti affidano le sorti della Nazione. La storia di questo film si basa su avvenimenti realmente accaduti. Teatro della vicenda sono gli uffici del Federal Bureau of Investigation, luogo di fatti top–secret, gestiti da agenti che prima di percorrere quei corridoi, hanno giurato fedeltà al rispetto delle leggi ed alla sicurezza degli Stati Uniti. Nel febbraio del 2001, l’agente operativo dell’FBI, Robert Hanssen (Chris Cooper) è ritenuto colpevole di tradimento contro l’America. I sospetti nei suoi confronti sono che da più di decenni, deliberatamente, “venda” documenti chiave ai servizi segreti dell’ex Unione Sovietica. Bisogna inchiodare Hanssen sul fatto, con delle prove schiaccianti.  
 
Per questo scopo viene scelto un giovane agente in prova: Eric O’Neill (Ryan Phillippe), che trasferito d’ufficio al quartier generale dell’FBI, affianca giorno dopo giorno il validissimo, ma sospetto, agente operativo Hanssen, collaborando con questi sulla sicurezza delle informazioni di documenti segreti dell’FBI, riuscendo perfettamente nel doppio gioco di fiducia-inganno. Hanssen è una vecchia volpe,  
legge perfettamente nella mente della gente, e non si fida assolutamente del giovane Eric, faccia pulita, sposato felicemente, che addirittura condivide con l’abile agente momenti di misticismo religioso. “Breach” è un godibilissimo thriller, ben confezionato, che dipana la matassa del tradimento in una partita tenace ed abile d’ inganni reciproci. Il giovane Eric, che aspira al ruolo di agente dell’FBI, gioca con Hanssen, senza mezzi termini, la sua falsa identità, riuscendo a barare alla grande. Niente scene rocambolesche, agguati e sparatorie con morti e feriti grondanti di sangue. Forte e convincente è invece la suspence psicologica che Billy Ray riesce abilmente a creare, in un crescendo di scene articolate da un dinamismo fondato più che altro sui comportamenti sibillini dei protagonisti, ben studiate e collocate al punto giusto nella narrazione. Un viaggio nella psiche umana frustrata e contorta, nelle motivazioni che spingono persone piccole piccole, che godendo di speciali privilegi all’interno del gruppo di lavoro, si sentono al di sopra degli altri. Loro, i traditori che, nello sdoppiamento della loro identità, sono “la talpa” che gli altri stanno cercando di stanare. E questa segreta sensazione di vantaggio, è il piacere sottile, perverso che li rende speciali a sé stessi. Il vincitore del Premio Oscar: Chris Cooper (“American Beauty”, “Il Ladro di Orchidee”), ancora una volta, nell’interpretazione dello schizofrenico Hanssen, si dimostra un attore di grande talento. Brava, come sempre nelle sue performance, Laura Linney. Billy Ray pare proprio che per realizzare storie per i suoi film, simpatizzi per personaggi ambigui, caratterizzati da doppie personalità. Bisogna ammettere che, fino ad ora, Ray, autore e regista de “L’inventore di favole”, non ha deluso affatto.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )

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