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bombón
- el perro recensione
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Ritrovarsi cinquantenne,
in un paese povero,
licenziato dalla stazione
di servizio dove si
è vissuto e
lavorato per 20 anni,
di conseguenza ospitato
dalla figlia piena
di marmocchi e con
un marito praticamente
catatonico, non è
un buon punto da cui
ripartire. Però
Juan, uomo buono e
dimesso, pur preoccupato,
non se ne sta con
le mani in mano. Comincia
a girare col suo furgoncino,
intaglia coltelli
artigianali che non
riesce a vendere,
si improvvisa idraulico
casalingo, ripara
l’auto di una
donna in panne sulla
strada. Proprio questa
sua disponibilità
lo porterà
ad un nuovo corso.
Il primo lungometraggio
di Carlos Sorin era
“la pelicula
del rey” (Leone
d’Argento al
Festival di Venezia),
caratterizzato da
povertà di
mezzi, gusto figurativo,
e un autobiografico
inno visionario di
cinema sul cinema.
L’idea di questa
quarta regia |
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poi
anche
co-sceneggiata
- nasce
dall’amore
per
i cani
e lo
ha portato
fino
al Premio
Internazionale
della
Critica
al Festival
di San
Sebastian.
“Il
mondo
interiore
del
più
umile
contadino
–
dice
Sorin
- è
impenetrabile
quanto
quello
di un
professore
di filosofia.
La differenza
è
che
quest’ultimo
comunica
principalmente
con
le parole,
mentre
il contadino,
più
essenziale,
con
gesti
e silenzi.
Questo
è
ciò
che
accade
con
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personaggi
“semplici”:
devi leggere
i loro occhi”.
Per cui, scelta
di minimalismo
espressivo
e attori non
professionisti.
“Penso
– continua
l’autore
– che
lavorare con
persone, luoghi
e luci reali
riduca la
manipolazione
e la falsità
che sono inevitabilmente
implicite
nel cinema”.
La risultante
è quella
che egli chiama
una “sovrapposizione”:
“coloro
che interpretano
i personaggi
sono esattamente
i personaggi
stessi, nell’essenza.
Un esempio:
il volto affascinato
di Juan –
il personaggio,
applaudito
da quattrocento
persone per
aver vinto
un trofeo
a un’esibizione
di cani, dopo
aver sempre
vissuto da
solo presso
una stazione
di servizio
su una strada
isolata –
risulta intenso
e reale. Perché
è lo
stesso volto
affascinato
di Juan, la
persona, che
nello stesso
tempo è
applaudito
dopo aver
vissuto gli
ultimi vent’anni
parcheggiando
automobili
nella solitudine
di un garage.
Stiamo guardando
un frammento
di realtà”.
La realtà
è anche
la crisi argentina,
la quale investe
pure le deserte
e sterminate
distese della
Patagonia
battute dal
vento. E a
cui si reagisce
con carica
umana e fiducia
nel prossimo,
aiutati dalla
casualità
degli incontri.
Con un approccio
errabondo,
imprevedibile,
aperto.
(di Federico
Raponi )
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recensione del
film "Bombòn
- el perro"! |
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