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Emilio Estevez (fratello
della pecora nera
Charlie e figlio del
monumentale Martin
Sheen) confeziona
una patinata ricostruzione
romanzando le 24 ore
che precedettero l’assassinio
dell’altro delfino
Kennedy, Bobby, possibilissimo
Presidente degli Stati
Uniti nel 1968. Le
vicende dei 22 protagonisti
(caratteri abbozzati,
situazioni esistenziali
accennate: niente
pennellate esaustive
e vigorose alla Altman)
convergono nell’Hotel
Ambassador, luogo
deputato ad accogliere
il senatore che di
lì a poco dovrà
pronunciare un importante
discorso. Troviamo
la coppia benestante
e depressa, i giovani
virgulti latini, neri
e asiatici nelle cucine
che sognano partite
e diritti civili,
gli studenti sciocchini
col fattone figlio
dei fiori, le ragazze
con speranze artistiche,
il comitato politico,
la giovane che si
sposa per risparmiare
all’amico la
morte certa al fronte
vietna- |
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mita,
il concierge
in pensione
che
vive
nella
hall.
I drammi
personali,
le piccole/grandi
ferite
quotidiane
saranno
superate
dalla
Storia
che
esploderà
in faccia
a un’intera
nazione.
Estevez
arma
il cane
della
storia
retorica
azzeccando
il bersaglio
solo
in parte.
Unisce
spezzoni
di discorsi
(Robert
Fitzgerald
Kennedy
è
una
schiena
o un
fugace
volto
in finzione
ma gli
inserti
della
voce
e i
filmati
sono
originali)
alle
storie
dei
protagonisti
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fittizi, volge
lo sguardo
deciso all’Oliver
Stone divulgativo
e politico
ma gli manca
il passo visionario-idealista.
Indulge autocompiaciuto
nel finale,
dilatando
esagerato
la scena conclusiva.
Parata di
stelle: Laurence
Fishburne
(come adora
fare il saggio),
Anthony Hopkins
(insolitamente
contenuto)
Helen Hunt,
Linsday Lohan,
Elija Wood,
Christian
Slater, William
H. Macy e
le migliori:
le fulgide
Sharon Stone
e Demi Moore.
Pura adrenalina
edulcorata
a stelle e
strisce che
verrà
puntualmente
premiata.
(recensione
di Daniela
Losini )
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