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In piena estate un
horror coreano. Non
vi è nuova
questa affermazione?
Più o meno
accade ogni anno.
Però questo
"Black House"
ha qualcosa in più
rispetto ai thriller
e horror che escono
abitualmente nella
stagione estiva (e
non solo). Apprezzato
anche alla decima
edizione del Far East
Festival di Udine,
diretto dal bravo
Shin Terra, eclettico
regista già
scrittore, produttore,
montatore, il film
narra la storia di
un agente assicuratore,
Jun-Ho, che si ritrova
a dover lottare contro
uno killer psicopatico:
si tratta piuttosto
di psyco-thriller
che di horror vero
e proprio. Se è
vero che la sceneggiatura
fila liscia, nonostante
i soliti colpi di
scena finali, senza
particolari nefandezze
(anche perché
tratta da un premiato
romanzo di Yusuke
Kishi), la cosa certamente
più interessante
della pellicola è
l’uso che Shin
Terra e il suo direttore
di fotogra- |
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fia
fanno
degli
ambienti:
sia
l’appartamento
di Jun-Ho
che
del
Killer
sono
estremamente
metaforici,
specchio
delle
diverse
personalità
dei
proprietari.
Sicuro,
ospitale
e piacevole
il primo,
inquietante,
minaccioso
e claustrofobico
il secondo.
Soprattutto
la “casa
nera”,
che
dà
il titolo
al film,
è
pensata
e studiata
per
catturare
l’attenzione
dello
spettatore:
l’esterno
dà
un senso
di mistero
e di
abbandono,
gli
interni
so-
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no ammuffiti
e trasandati,
nel sotterraneo
il terrore
e la paura
sono le uniche
emozioni presenti.
Il film affronta
il problema
degli “psicopatici”:
persone normali
o mostri,
malati o semplicemente
esseri umani
che mancano
di emozioni.
Il più
delle volte,
come i serial
killer, mascherano
agli occhi
della società
la loro condizione
e si presentano
nella vita
di tutti i
giorni come
se niente
fosse, vivendo
in mezzo a
noi: non presentano
una vera e
propria malattia,
ma soffrono
di disturbi
comportamentali.
E soprattutto
sono consapevoli
delle loro
azioni. Anche
delle più
malvagie.
Tutto sommato
nel film questa
condizione
è descritta
bene, anche
se manca invece
una completa
analisi della
vera natura
oscura del
killer. Un
film che si
può
certamente
vedere, considerato
come detto
la quantità
di pellicole
assolutamente
da cestinare
in questo
periodo estivo,
con qualche
pecca però
come la prova
di recitazione
del protagonista
Hwang Jung-Min
poco emozionante
e coinvolgente
e la melodrammaticità
del finale,
poco consona
al registro
della pellicola,
dove scene
forti di accoltellamenti,
mani e braccia
mozzate, cappi
che scendono
dai soffitti,
la fanno invece
da padrone.
(di Mauro
Missimi
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recensione del
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house"! |
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