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BELLE
TOUJOURS - BELLA SEMPRE |
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belle toujours
recensione
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Nel 1967 Luís
Buñuel diresse
il film Bella di giorno.
Tra fantasie e situazioni
reali della protagonista,
interpretata dalla
superba Catherine
Deneuve, Buñuel
riesce a creare un’atmosfera
di accattivante mistero
onirico. La misteriosa
scatola nera che un
cliente asiatico mostra
ad una prostituta,
è l’oggetto
su cui il regista
spagnolo concentra
le fantasie più
recondite ed ogni
sorta di immaginazione
che possano riguardare
il mondo della sessualità.
“Bella di giorno”
sente il suono che
fuoriesce dalla scatola
nera quando il cliente
la apre con lentezza,
un suono tra il metallico
e l’animalesco,
che però eccita
“Bella di giorno”,
che decide di seguire
il cliente. Quando
il cliente abbandona
la stanza, di seguito
la cameriera vi fa
ingresso, e guarda
preoccupata Bella
di giorno, esclamando
– “Povera
ragazza, chissà
cosa hai dovu- |
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to subire!”
–
Bella
di giorno
alza
il viso,
e radiosa
risponde.
“Ma
che
ne sai
tu”?
Manoel
de Oliveira,
con
il film
Belle
Toujours,
ha voluto
rendere
omaggio
a Luís
Buñuel
e Jean-Claude
Carrière.
E lo
fa,
riproponendo
sullo
schermo
la storia
della
vita
passata
di Séverine,
ovvero
la Bella
di giorno
del
film
di Buñuel,
questa
volta
interpretata
dalla
bravissima
Bulle
Ogier.
Manoel
de Oliveira
mette
praticamente
la storia
di Séverine
allo
specchio.
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Le strappa
la maschera,
essa stessa
alla fine
si giudica,
si accusa,
rinnega il
suo passato.
La regia è
sublime. De
Oliveira relaziona
i personaggi,
i fatti, le
scene, le
parti del
film, in regole
precise. Crea
una forma
coesa, non
tralasciando
la molteplicità
delle relazioni
tra le parti.
Riesce a dare
un senso fluido
alla narrazione,
utilizzando
da maestro
segni iconici,
simboli, inquadrature
di campo fortemente
connotative,
ambientazioni
significative.
Il personaggio
di Husson
anche nel
film di De
Oliveira è
interpretato
da Michel
Piccoli, con
grande arte.
Husson riconosce
Séverine,
a teatro,
durante la
rappresentazione
di un’opera
a Parigi.
Cerca con
foga di raggiungerla,
ma lei quasi
fugge. Husson
non si arrende.
Chiede informazioni
ad un barman
di un locale.
L’ambientazione
nel locale
è significativa.
Husson si
relaziona
con il barman.
Rievoca il
passato di
Séverine,
dice il perché
la cerca,
racconta di
lei. Due prostitute
sedute nel
locale ascoltano
incuriosite
il suo racconto,
riflettono
su ciò
che odono,
discutono,
giudicano.
Alla fine,
Husson, per
caso, davanti
all’entrata
di un negozio,
incontra Séverine,
che aveva
già
notato la
sua presenza,
ed evitava
freneticamente
di incontrarlo.
Ma il fato
diventa complice.
Séverine
promette a
malincuore
di recarsi
all’incontro
propostole
da Husson,
quasi lui
dovesse rivelarle
delle verità.
Nella scena
che racconta
l’incontro
tra Husson
e Séverine
nella saletta
riservata
di un ristorante,
De Olivera
sfodera tutta
la sua capacità
di relazionare
forma filmica
ed emozione.
Tutto parla,
pur in un
mutismo assoluto.
Gli arredi,
le luci delle
candele, gli
oggetti, il
panorama notturno
che si intravede
dalla finestra.
Ma soprattutto
sa parlare
Michel Piccoli,
con i gesti,
la mimica
del viso,
degli occhi,
l’impazienza
che traspare
nell’attesa
spasmodica
dell’arrivo
di Séverine.
E’ un’attesa
inebriata
dal ricordo
di un passato
appartenuto
a quella donna,
in cui lui
stesso era
stato coinvolto.
Un passato
in cui anche
lui giocava
con la ricerca
di emozioni
clandestine,
che avevano
il sapore
e la luce
particolare
del proibito,
della giovinezza.
Ma Séverine
arriva, e
non vive quei
ricordi come
lui. Lei,
al contrario,
vuole dimenticare
quel passato.
E’ un’altra
persona, ormai!
Cosa ha da
dirle Husson?
Nulla. Assolutamente
nulla! Ma…le
offre un regalo,
un oggetto
che ha comprato
per lei nel
negozio davanti
al quale si
sono fortuitamente
incontrati.
Si tratta
di una scatola,
una scatola
nera. Rieccola
la scatola
nera! Hussen
la apre e
da essa fuoriesce
sempre quel
suono tra
il metallico
e l’animalesco.
Il segreto
è la
scatola. Per
tutto ciò
che essa può
rappresentare:
attrazione,
emozione,
esperienza,
seduzione,
perversione
polimorfa.
Quel segreto
Séverine
lo aveva già
scoperto,
e molto bene.
Era un segreto
che la illuminava,
la faceva
sentire viva.
Con rabbia
incontrollata
Séverine
abbandona
la saletta,
lasciando
Husson nell’incredulità
che tutto
si possa esaurire
così…che
si possa spegnere.
E tutto si
spegne…
le luci delle
candele nella
stanza, le
luci della
città,
la giovinezza,
inesorabilmente.
(di Rosalinda
Gaudiano
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