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Negli ultimi anni i vincitori del Festival di Toronto sono stati film che hanno, in un modo o in un altro, fatto parlare. E' stato cosė nel 2007 quando ha trionfato il capolavoro "La promessa dell'assassino" del canadese Cronenberg, nel 2008 quando č stato presentato in anteprima mondiale "The millionaire" e l'anno scorso, con "Precious", il film di Lee Daniels prodotto da Oprah Winfrey. Ma del vincitore del 2006 tutti si erano dimenticati. Si trattava proprio di "Bella" di Alejandro Monteverde, che ora esce nelle sale italiane distribuito in digitale da Microcinema. In un certo senso proprio la visione in digitale di questo film contribuisce a donargli quel fascino di opera indipendente, imperfetta e venuta alla luce nonostante un budget striminzito. Insomma quello che ci si aspetta da un regista messicano che, al suo primo lungometraggio made in USA, |
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tenta di farsi strada tra i blockbuster. Effettivamente Monteverde è un regista talentuoso, capace di un'orchestrazione degli attori raffinata e di una fluidità narrativa piuttosto avanzata. Le vicende di José, cuoco americano di origine messico-portoricana, e di Nina, cameriera messa incinta da un uomo a cui non importa nulla, conducono lo spettatore in un viaggio semplice e allo stesso tempo intimo. |
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José, nel tentativo di aiutare Nina, si trova ad affrontare strascichi emotivi sepolti da anni, dirigendosi verso una catarsi tormentata ma naturalissima. Una breve trasferta nell'America dei latinos, senza stereotipi né buonismi, che potrà piacere a coloro che sanno cosa significa il desiderio di riscatto quando si parte da un paese meno sviluppato. La pellicola però non centra in pieno il bersaglio. Se, da un lato, regia e montaggio funzionano e convincono, dall'altro la sceneggiatura davvero manca di originalità. "Bella" è per molti versanti un film già visto, che non possiede abbastanza spinte narrative per reggere un lungometraggio. Anche l'indagine psicologica - piena di momenti di sfogo e 'sedute di psicanalisi' - si rivela a tratti ingenua e non totalmente ispirata. Resta da ribadire, però, che questo messicano è davvero un cineasta promettente e speriamo di vederlo presto alle prese con una sceneggiatura più solida. Intanto la visione "Bella" potrebbe non essere tempo sprecato: le immagini di New York così diafane, dimesse e sovraesposte valgono più di quel che ci si può immaginare.
(di Marco Santello )
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