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recensione ballare per un sogno
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Arriva in sala ancora una pellicola sul mondo della danza, e sui facili ed irrinunciabili sogni che genera. Questa volta la ragazza in questione arriva da Gleenwood, Indiana, e il suo sogno abita le aule della scuola di danza più prestigiosa di Chicago. Da subito ci troviamo davanti alla solita solfa: una ragazza di una piccola città, piena di problemi in famiglia, che lavora nell'officina di famiglia, sognando il ballo ad occhi aperti, mentre si costringe a vivere come non vorrebbe. Lo stesso immaginario che ha caratterizzato film come "Step up" e "Save the last dance" viene riproposto integralmente, senza una minima novazione in merito di sviluppo della storia, riferendosi quindi a quella fetta di pubblico che, aspettandosi un mix di storie melense e di sogni avverati attraverso le porte sbattute in faccia, non rimarranno |
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delusi. Un prodotto che ormai può definirsi di genere, visti gli stretti canoni che tutte queste opere, dallo storico "Flashdance" in poi, rispettano con maniacale ripetitività. Ed allora ci si ritrova di fronte al solito clichè della ragazza di provincia che sbatte contro il muro di gomma che la grande città le para davanti. Anche l'aspetto sessuale non è tralasciabile in storie del genere, pur se installato in una bigotta traccia |
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sotterranea, ed ecco che la ragazzina timida e remissiva sfoggia un'inattesa sensualità quando, guarda caso, si trova a dover sostituire la vedette di una sorta di Coyote Ugly dell'Illinois dove lavora come contabile. Animato da facce poco carismatiche, il film scalda il pubblico con un'anemica storiella d'amore, di cui, come tutto il resto d'altronde, la trama è già scritta e riscritta, la parabola del playboy urbano impenitente che di fronte ad una giovane innocente e piena di sogni non può non cedere, Baglioni lo cantava nel '72. Sorprende come questo filone non abbia ancora esibito un esemplare degno di nota, un prodotto perlomeno decente che abbia un proprio inizio ed una propria fine, senza che le storie e le atmosfere si accavallino continuamente con quelle dei predecessori per creare un minestrone di tutto quello venuto prima. Continuando ad aspettare una sterzata, stilistica, contenutistica o di qualsivoglia tipo, continueremo a scrutare un fenomeno cinematografico, fratello minore della ballo-mania che spopola nei talent show di mezzo mondo (occidentale), dovendo digerire frasi come quella pronunciata qui: "La danza è lo specchio dell'anima". Buoni sette anni di disgrazia a tutti allora.
(di Tommaso Ranchino)
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