BACIATI DALLA SFORTUNA
 

baciati dalla sfortuna recensione

 
Cosa accade se una giovane PR newyorkese dalla fortuna sfacciata bacia ad una festa in maschera un occhialuto ragazzotto imbranato che sembra catalizzare su di sé tutte le sventure possibili immaginabili? È ovvio: la ruota della fortuna non potrà che rimettersi in moto scombinando le rispettive sorti. Lui (Chris Pine, già visto in “Principe azzurro cercasi”) riuscirà a sfondare come manager dei McFly - una boy-band britannica che esiste veramente e che sta ottenendo ottimi risultati di mercato sia in Europa che in America – e, di colpo, acquisirà buon gusto nell’abbigliamento e successo con le donne. Lei (Lindsay Lohan, giovane ma già navigata attrice di commedia) perderà il lavoro, la casa e la libertà, finché non le verrà in mente che la soluzione è una sola: baciare di nuovo lo iellato che le ha rubato la buona stella,  
 
tentando di invertire il processo di scambio. Il problema è che alla festa tutti erano mascherati e, così, quando i due si ritrovano faccia a faccia non si riconoscono (c’è da chiedersi quale spettatore potrebbe farsi convincere da un espediente drammaturgico così banale e poco plausibile: i volti si vedevano benissimo) ma, fatalmente, finiscono per innamorarsi. Avranno il coraggio, una volta scoperte la reciproche  
identità, di scaricarsi addosso la sfortuna nera nonostante si amino tanto, tanto, ma veramente tanto? A chi non vedesse l’ora di scoprirlo (e, ahi noi, probabilmente sarà più di qualcuno) diciamo che “Baciati dalla sfortuna” sa come appagare lo spettatore medio che, con ogni probabilità, uscirà dalla sala con un sorriso fra le labbra, tutto compiaciuto della consueta esaltazione dei buoni sentimenti. Per gli altri basti dire che la recitazione di Lindsay Lohan fa acqua da tutte le parti (essere stata alla corte di re Altman evidentemente non le è servito molto), che l’affastellarsi delle sfortune procede per accumulazione finché perde di ogni verosimiglianza e che più di uno snodo dell’intreccio risulta poco efficace e, in qualche caso, addirittura abborracciato. Qualche trovata di sceneggiatura non è male in quanto a ironia dal sapore bonario e, tecnicamente, il montaggio alternato non è di cattiva fattura, ma l’entusiasmo cade completamente quando si notano grossolani errori di raccordo (una controllatina in più in fase di postproduzione, no?). Eppure questa superficialità non si vede per nulla quando è il momento di mettere in risalto marchi famosi come Pepsi, Dolce&Gabbana o Hard Rock Café, ma sarà stato il Caso!

(di Marco Santello)

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