BABY LOVE
 
locandina baby love

recensione baby love

 
Una coppia omosessuale si trova nel bel mezzo di una crisi accesa dalla voglia di paternità di uno dei due. La loro storia così naufragherà ben presto, e la ricerca di un utero in affitto diverrà l'unico obiettivo della vita di Emmanuel, basilare sarà per lui l'incontro con una bella colombiana in cerca di un permesso di soggiorno comodamente realizzabile. Grigia prova quella dell'autore francese Vincent Garenq, proveniente dal piccolo schermo, che gioca sul sociale con clichè ed ossessioni d'oggi, dimenticandosi le persone che ne sono coinvolte. Uno sguardo di maniera più che di sostanza, che defluisce le intenzioni, spesso assenti all'appello, verso l'eco di una prevedibile commediola adatta ai pomeriggi di serie b della tv commerciale. Il punto di vista tipico della commedia d'oltralpe che vanta sempre un'arguzia invidiabile da  
 
queste parti ed una ricerca dialettica di fondo, è qui sostituito da un oscurantismo sfacciatamente hollywoodiano. La risata di circostanza scaraventa gli intelligenti sorrisi che un prodotto che non può far leva su faraonici mezzi promozionali o su divi da esportazione avrebbe dovuto perlomeno offrire. Enigmatico lo sforzo produttivo e distributivo fatto da Canal +, per un qualcosa che non evidenzia alcun impegno   recensione baby love
in fase di pre-produzione, soprattutto di scrittura. Inaccettabile poi la superficialità con cui si tratta il rapporto di coppia, per di più quello omosessuale, affogandolo dietro ai soliti banalismi storpi, in una cornice di amicizie che quasi si fanno vanto del loro rapporto preferenziale nei confronti di personaggi (ai loro occhi) diversi, e perciò tanto anticonformisti ed alternativi. Un'omofobia sottotraccia percorre l'intera pellicola, che, addirittura, si appoggia anche sul facile quadretto dell'immigrata che mette in affitto il proprio utero e la propria mano per inseguire il vacuo sogno di una cittadinanza a portata di mano ed utero. Un cinema di macchiette sociali poco indagate, di cui non si sente il bisogno per portare avanti un percorso formativo dell'intera commedia europea, "Baby love" va riposto nei più bui meandri delle memorie cinematografiche. Speriamo che il box office ne punisca i maliziosi intenti.



(di Tommaso Ranchino)


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