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Emiliano Cribari, regista, poeta, autore televisivo è nuovamente sulla scena cinematografica con il suo ultimo lungometraggio "Autodafè". Questa volta Cribari si cimenta in un progetto nuovo, un noir, un thriller psicologico. Claudio Amerio lavora in una grande fabbrica vicino a Firenze. La sua vita è stata da poco sconvolta dell'improvvisa morte del padre. Claudio, che da qualche anno ha perso anche la madre, vive solo nella casa che fu dei suoi genitori. E lì succedono cose strane, che lo stesso Claudio non sa spiegarsi. Ricordi, rimorsi, amici,
conoscenti, Claudio cerca di analizzare tutte queste cose per comprendere un enigma che gli sta sconvolgendo la vita. Cribari è un regista indipendente: basso budget, una personale e totale libertà espressiva. Sperimentare è senza dubbio la sua prerogativa come artista |
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singolare. In effetti, i suoi lavori "mostrano e non dimostrano" tesi assolutamente non predefinite su cose, persone e modi di essere e di sentire. Anche in quest'ultimo "Autodafè", si notano gli strumenti di una nuova estetica cinematografica: guarda la realtà come appare, non trascurando la forte compromissione del vissuto emotivo. Solo che "Autodafè" ha dei limiti perché possa considerarsi un film riuscito. E questo sta proprio nel fatto che si contrappongono i due generi presenti nel film, il noir e il thriller psicologico, senza amalgamarsi nella narrazione, penalizzando non poco il film. L'idea di fondo è meritevole, ma andava sviluppata meglio. Anche il montaggio tecnicamente è valido, mentre i dialoghi |
sono lenti e la recitazione è troppo impersonale, distaccata, e non incide sulla totalità della narrazione.
(di Rosalinda Gaudiano)
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