ANIME VELOCI
 

anime veloci recensione

 
Pasquale Marrazzo, regista emergente napoletano, si è imposto all'attenzione della critica e del pubblico con il film “Malemare”, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, nella sezione Officina, nel 1997. Qualche anno dopo il suo “Asuddelsole” (da alcuni critici definito “uno dei migliori film italiani del 2001”) è stato selezionato per i festival di Toronto e di San Sebastian. Vagamente ispirata a fatti realmente accaduti in Germania, prima e dopo la caduta del muro, “Anime veloci” è la sua terza opera.. Già presentata al Festival di Mosca, al Festival Gay di Torino e all'Offerfilmtage, girata in meno di sei settimane, è stata realizzata con il contributo del Ministero dei Beni Culturali e acquistato da Sky. La distribuzione è curata dalla Pink Movie, casa fondata dallo stesso regista (“E’ una casa di distribuzione che vuol far  
 
conoscere un cinema diverso, ma non necessariamente gay. Un cinema di qualità e d'autore che sia d'impatto per il pubblico ma senza intellettualismi a tutti i costi”). “Anime veloci” risulta un film non omogeneo, dall’andamento non lineare (e con un commento musicale molto “country“ di cui non si comprende la presenza). La prima parte è molto buona (benché il montaggio frantumizzi eccessivamente le singole sequenze) e presenta due vicende che in comune non hanno nulla: una, molto drammatica, vede protagonista Suzanne, una direttrice d'orchestra tedesca, ex detenuta politica, che attraverso i dossier della Stasi è alla ricerca del suo passato e delle spie la cui denuncia l'aveva portata all'arresto; l’altra, tendente al tragicomico,
si impernia sul transessuale Francesco che si prostituisce a Berlino e finirà con l’innamorarsi... Si attende con curiosità e interesse l’inevitabile incrociarsi delle due vicende ma l’attesa non è ripagata. Delude la seconda parte, alquanto superficiale e –al contempo– artificiosa. Il regista più volte ha dichiarato che “il film nasce dall’idea di raccontare il tradimento”. Purtroppo nella pellicola questo tema non balza agli occhi e non è avvertito dagli spettatori che assistono a un lavoro che non sanno bene come interpretare: thriller esistenzialista , dramma poliziesco, spy story, commedia surreale, denuncia politica, melò… La difficoltà nasce dal fatto che la seconda parte del film, come si diceva sopra, è molto meno approfondita della prima e si ha l’impressione che non si sappia dove si vuole tendere. L’ultima mezzora dovrebbe essere cruciale perché vede i due protagonisti finalmente insieme ma… Da questo momento in poi abbiamo solo scene ripetitive, non accade quasi nulla e non si tirano le somme di quanto avvenuto precedentemente. Aggrava la situazione il comportamenti immotivato e non spiegabile di Suzanne e Francesco in fuga dalla Germania (e il tutto non può non suscitare qualche perplessità nel pubblico). Si esce dalla sala con la convinzione di aver assistito a un’occasione sprecata, anche perché Marrazzo, sebbene sia coautore di una sceneggiatura non convincente in pieno, mostra ottime qualità registiche ed è abile nel saper trarre il meglio dagli attori. Attori tutti indistintamente molto bravi (da applaudire particolarmente Giovanni Brignola, una vera rivelazione in un ruolo non certo facile).

(di Leo Pellegrini )

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