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Il titolo dell’opera
“Altromondo”
rivela una sintesi
di realtà altra,
fuori dai canoni consueti
di contenuti che possano
riscuotere un consenso
generale. In effetti
quest’opera
prima di Fabio Massimo
Lozzi, una sorta di
ricognizione sperimentale
tra dialoghi teatrali
e spaccati documentaristici,
argomenta sul mondo
parallelo e sommerso
dei gay italiani.
Un mondo dunque che,
in particolar modo
in Italia, gioco forza,
si è creato
una nicchia nell’ambito
della società,
vivendo una dimensione
propria, senza possibilità
di libera espressione.
Lozzi osa un messaggio
dai contenuti forti
e spregiudicati, sul
tema dell’omofobia
e dei pregiudizi verso
le minoranze omosessuali.
Il suo lavoro focalizza
varie storie, tutte
con soli soggetti
maschili, che raccontano
la propria dimensione
di esistenza identitaria,
di emarginazione |
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e bisogno
di amare senza
condizioni,
di chiusure
culturali,
soprattutto
religiose.
Si tratta
di un film
contro corrente,
anticonvenzionale,
che risulta
spiazzante
nei suoi monologhi,
liberamente
ispirati alle
interviste
realizzate
da Antonio
Veneziani
e Riccardo
Reim a giovani
gay dai sedici
ai venticinque
anni, i cui
contenuti
sono tutti
tratti dai
libri “Pornocuore”
e “I
Mignotti”.
Non c’è
alcun dubbio
che la condizione
dell’omosessualità
in Italia
sia costretta
in una dimensione
di diniego
per quel che
concerne l’affermazione
dei diritti
della persona
omosessuale.
E su questo
punto ben
vengano le
affermazioni
di protesta
e di denuncia,
in particolar
modo su atteggiamenti
omofobici,
deplorevoli
e condannabili.
Lozzi, purtroppo,
con questa |
sua opera
prima, non
fornisce un
giusto e plausibile
input comunicativo
ad una condizione
di emarginazione
di una categoria
sociale, quella
dei gay, che
deve combattere
contro costrutti
culturali
arcaici e
di potere
religioso.
Neppure trapela
dal film quella
forza incondizionata
che il sentimento
d’amore
vero restituisce
alla persona,
sia essa omosessuale
o etero. L’obiettivo
del film alla
fine si risolve
nell’inquadrare
spaccati di
vita, espressi
attraverso
la recitazione
di attori
quali: Francesco
Apolloni,
Salvio Simboli,
Davide Ricci
ed altri dell’Actor’s
Center di
Roma. Monologhi
che risultano
fini a se
stessi, senza
riuscire ad
inserire il
problema soggettivo
in una dimensione
globale, d’identità
diversità,
da affermare
in un contesto
sociale generale.
Forse era
questo il
vero obiettivo
che Lozzi
si era proposto
con questo
suo primo
lavoro cinematografico,
ma senza purtroppo
riuscirci.
Alla fine
“Altromondo”
si rivela
un po’
una delusione
ed un lavoro
che, tutto
sommato, lascia
molto amaro
in bocca.
(di Rosalinda
Gaudiano
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