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Maxwell Smart (detto
Maxiassorbente!) è
un analista dell’
agenzia antiterroristica
Control ma sogna di
diventare agente operativo.
Quando la fantomatica
organizzazione criminale
Kaos elimina tutti
gli agenti in servizio
e minaccia il mondo
con una serie di attacchi
nucleari per il nostro
eroe è ora
di entrare in azione.
E’ nato prima
l’uovo o la
gallina? E’
nato prima James Bond
o la parodia di James
Bond? A cominciare
da Casino Royale per
finire da Austin Power
passando per Leslie
Nielsen, parodiare
007 è sempre
stato come sfondare
una porta aperta.
Poi c’è
parodia e parodia.
Quella di Agente Smart
- casino totale, film
tratto da una vecchia
serie tv statunitense
poco nota in Italia
(siamo nel lontano
1965), è briosa,
piacevole, con qualche
punta di intelligenza
che non guasta, affidando
come fa i meccanismi
comici ad un continuo |
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understatement,
implacabile
se ben
congegnato,
a cui
presta
il destro
un perfetto
Steve
Carrell,
faccia
e postura
da sfigato,
impassibile
e imbranato
come
ruolo
comanda
(nell’originale
era
Don
Adams,
scomparso
qualche
anno
fa).
Senza
scomodare
intoccabili
del
rango
di Peter
Sellers,
che
magari
si rigirerebbe
nella
tomba,
ma,
fatte
le debite
proporzioni,
il terreno
di gioco
è
il medesimo. |
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Fanno (ben
più
che) da cornice
un nutrito
e ben riuscito
cast di comprimari
che si deliziano
a sbeffeggiare,
con bonarietà
e partecipe
rispetto,
regole e stereotipi
legati al
genere, i
buoni, i cattivi,
l’armamentario
tecnologico
delle spie,
gli agenti
numerati,
le norme di
sicurezza,
gli impronunciabili
nomi sovietici,
inseguimenti
improbabili
e (im)probabili
presidenti
degli Stati
Uniti. Su
tutti svetta
Alan Arkin
arzillo vecchietto
a capo dell’agenzia
che guida
l’aeroplano
come nessun
altro e Bill
Murray nascosto
in gran segreto
nel tronco
di un albero.
The Rock è
un mito e
ok. E poi
Anne Hathaway
(vabbè,
bisognava
citarla),
James Caan,
l’amico
brutto di
Borat, il
giapponese
nerd di Heroes.
Il finale
al Walt Disney
Concert Hall
di Frank Gehry
(una scopiazzata
manierista
del Guggenheim)
è pura
Pallottola
spuntata.
Peter Segal,
regista specializzato
in commedie
tra il brillante
e il demenziale
(Il terzo
capitolo del
tenente Drebin
è suo.
Ci troviamo
per caso di
fronte ad
un’autocitazione?)
non inventa
nulla, non
si spreme
nell’intreccio
(e con lui
gli sceneggiatori)
ma riesce
ad azzeccare
tono e verve
giusti. Si
ride e ci
si diverte.
E non chiede
altro.
(di Mirko
Nottoli
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