6 GIORNI SULLA TERRA - RECENSIONE
 
locandina 6 giorni sulla terra
Locandina "6 giorni sulla terra"

6 giorni sulla terra - recensione

 
Ardua impresa riuscire nella realizzazione di un film di genere: ancora più ardua se a metterci le mani è un regista italiano. Il carico di inadeguatezza nostrana ad approcciare il genere sembra realmente insostenibile. Varo Venturi, ispirato dagli scritti del professor Corrado Malanga, prende e rifrulla pericolosissimi ingredienti tossici come gli Alieni e i rapimenti alieni miscelandoli a una spruzzata di possessioni diaboliche, codici a barre che criptano destini del mondo e a una ciliegina di vampirismo. Ci restituisce un cocktail dal vago sapore di cicuta e sostanze allucinogene che catapulta in un segmento spazio-temporale dell'assurdo dove saresti persino disposto a credere che il Doctor Who è amico dei Dalek. Pagato pegno alla sequenza iniziale - con abbondante uso di computer grafica concentrata solo in una scena come a voler  
 
condensare il budget disponibile in pochi minuti e poi chi s'è visto s'è visto - si entra nella vicenda. Tal professor Piso (!) conduce esprimenti di regressione ipnotica sulle persone addotte. Conosce Saturnia (avete letto bene) e presto si rende conto di avere a che fare con un Alieno speciale e di grande potere mesopotamico. Le sue teorie sull'abduction vorrebbero che gli Alieni (ormai essenze   recensione 6 giorni sulla terra
incorporee) si installassero nel nostro sistema nervoso succhiandoci l'anima e usando i nostri corpi come mezzi di esistenza fisica. Vi fa già male la testa? C'è altro. Presto la trama s'accartoccia su dialoghi fuori tempo, fuori sincrono e con una tale comicità involontaria da travolgere la platea senza soluzione di continuità. Piovono personaggi a profusione che inspiegabilmente parlano come gangsta di downtown L.A; i cracker decrittano codici mentre si calano acidi e pensano a rave da organizzare (bella raga!) con la musica del diavolo; famiglie transilvane reclamano a “Chi l'ha visto” figlie aliene; scampoli di X Files scartati e perduti come lacrime nella pioggia s'infrangono su dozzinali allusioni a preti pedofili mentre glifi egiziani come punizioni bibliche si abbattono sulle voragini della sceneggiatura. Fin troppo facile: 6 giorni sulla terra quando bastavano un paio d'ore al cinema per sterminarci. Appena esci dalla sala invochi la poesia disperata di Ed Wood e l'ottusità di Dario Argento ne “Il fantasma dell'Opera”. Al cospetto, capolavori di ingegno.

(recensione di Daniela Losini )


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