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4
MESI, 3 SETTIMANE E 2 GIORNI |
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di
Massimiliano
Micci (***
1/2)
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Vincitore
della Palma
d’oro
2007, il lungometraggio
del verista
rumeno Cristian
Mungiu, colpisce
per la capacità
di aggiudicarsi
l’attenzione
della platea
passo dopo passo.
Convince e per
la vicenda umana
che decide di
raccontare e
per l’asciutta
empatia che
vi profonde
nel farlo. Nessun
ridondante moralismo
né facili
scorciatoie
ruffiane pro
o contro aborto
ma la semplice,
intricatissima
storia personale
di una studentessa
e della propria
amica alle prese
con le difficoltà
del caso. Trame
ordinarie su
tessuti drammatici
che da un momento
all’altro
si aggrovigliano,
spalancando
l’orrido
dei propri peccati.
Dalla stupidità,
alla leggerezza,
dalla cristallina
grettezza alla
presunzione
dell’altruismo.
Gabriela e Otilia
vivono in un
casermone fatiscente
adibito a studentato,
dove tutti si
arrabattano
col mercato
nero e gli studi.
Siamo nel 1987
e Ceausescu
mantiene |
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Finalmente
il cinema. Semplice,
diretto, artistico.
Niente vie di
mezzo, niente
compromessi,
solo cinema.
E se la lezione
arriva dalla
Romania, oramai
terra di registi,
allora ben venga.
Eccolo qui,
Christian Mungiu,
già a
Cannes nel 2002
con il lungometraggio
“Occident”
e ora vincitore
della Palma
d’Oro
con la sua ultima
pellicola: “4
mesi, 3 settimane
e 2 giorni”.
Meritato riconoscimento
per lui ma soprattutto
consacrazione
di quella nouvelle
vague rumena
inaugurata nel
2005 con Cristi
Puiu (“The
Death of Mister
Lazarescu”),
premiato al
Certain Regard.
Fine anni ottanta,
Romania. La
dittatura comunista
vieta l’aborto
per incrementare
la popolazione
e favorire un
utopico sviluppo
economico. Otilia
(Anamaria Marinca)
e Gabita (Laura
Vasiliu) condividono
la stessa stanza
in un dormitorio
per studenti.
Gabita è
incinta ma non
ha intenzione
di tenere |
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ancora stretto
il nodo scorsoio
della dittatura
sulla popolazione
rumena. L’interruzione
della gravidanza
è un
reato punibile
con la prigione
e alla bisogna,
si finisce col
rivolgersi a
personaggi di
dubbia provenienza.
L’orco
chirurgo non
vuole soldi
ma desidera
essere ricompensato,
parla in codice
come un mafioso
ma si fa capire
più che
bene. Blandisce,
accarezza e
armeggia come
un errore, un’emozione
tradita sul
viso a far rischiare
il carcere.
Non c’è
possiblità
di ritorno una
volta passato
il segno. Telecamera
fissa, lunghi
piani sequenza,
digitale sgranato:
i riferimenti
sono i fratelli
Dardenne, il
cinema di documentazione
del vissuto,
qualche scampolo
di Lars Von
Trier. Una sottile
inquietudine
permea continuamente
il susseguirsi
degli eventi.
Inquietudine
che diviene
shock alla vista
del maltolto
(una bastonata
di concretezza)
e poi pura ansia,
nell’angosciosa
corsa notturna
a occultare
il feto. Non
ci sono inutili
dimostrazioni
di violenza
nè espliciti
riferimenti
al regime ma
il terrore è
tangibile ovunque.
Cinema radicale
e radicato nella
desolata landa
della realtà.
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questo film!
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film "4
mesi, 3 settimane
e 2 giorni"! |
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il bambino.
Nel pomeriggio,
incontreranno
un certo signor
Bebe (Vlad Ivanov)
in un albergo:
per aiutarle
l’uomo
non chiederà
soldi in cambio
ma i loro corpi.
Le due amiche
si troveranno
sole e con poco
tempo a disposizione
per prendere
decisioni più
grandi di loro.
Un film dicevamo
volutamente
scarno, spogliato
da (quasi) tutti
gli artifizi
estetici ma
con un proprio
ritmo interno.
Ritmo sapientemente
dosato da un
uso magistrale
del piano sequenza,
si segue la
protagonista
sempre di spalle,
si cerca di
vedere oltre
ma non sempre
si riesce. Le
riprese in esterna
sono quasi a
360° e la
fotografia presenta
una gamma cromatica
grigiastra,
volta a ricreare
l’atmosfera
tetra della
Romania degli
anni ottanta.
Menzione a parte
per i testi
veramente mimetici
di una realtà
sorda e diffidente
ma timidamente
aperta ad un
nuovo futuro.
Le prime avvisaglie
di una ribellione
sotterranea
arrivano proprio
dal mondo giovanile,
nella loro diffidenza
verso il sistema
e le istituzioni.
Otilia col suo
carattere scaltro
e a tratti brusco,
la vediamo contrattare
con disinvoltura
dai contrabbandieri,
la vediamo sacrificarsi
per l’amica
Gabita, suo
alter ego, senza
chiedere nulla
in cambio. Un
broncio quasi
perenne sul
viso ma anche
uno sguardo
fiero, di sfida,
in quegli occhi
che non abbassa
neanche dopo
essere stata
violata. Metaforicamente,
Otilia è
la Romania.
“4 mesi,
3 settimane
e 2 giorni”
non è
un film su l’
aborto, ma è
un film sull’essere
giovani in quegli
anni difficili.
Il regista non
prende nessuna
posizione in
tema ma, come
lui stesso afferma,
si limita a
raccontare una
storia. Dunque
non aspettatevi
il mattone impegnato,
la pellicola
di Mungiu è
anche in grado
di intrattenere
lo spettatore
per tutti i
113 minuti in
una straziante
attesa che culmina
con le ragazze
sedute di fronte,
nella bellissima
scena finale.
Il film fa parte
di un progetto
più ampio
(“Tales
from the Golden
Age”),
il cui obiettivo
è parlare
di quel periodo
senza riferisi
direttamente
al comunismo
ma per diverse
storie che si
concentrano
sulle scelte
personali, in
un periodo di
disgrazie che
la gente deve
vivere come
se fosse un
periodo normale.
“4 mesi,
3 settimane
e 2 giorni”
è il
primo film della
serie. A questo
punto siamo
veramente curiosi
di vedere i
prossimi!
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