10.000 A.C.
 

recensione 10.000 a.c.

 
Apocalypto in formato demenziale firmato Roland Emmerich, regista per chissà quali scherzi del destino, il Renny Harlin dell’era tecnologica: nessuno è così privo di idee, di talento e di stile. Anche l’odiato e odioso Michael Bay ne ha uno, di stile. Farà schifo ma almeno ce l’ha. Roland Emmerich è una specie di Neri Parenti hollywoodiano votato all’action movie baraccone e dozzinale dove tutto è sacrificato al cosiddetto entertainment usa getta, anzi getta e basta che da usare non c’è niente. Magari sarà un intellettuale coltissimo ma lo nasconde molto bene (Neri Parenti ama Billy Wilder ma poi fa i film con Boldi e DeSica). Per lui quello di regista non è che un lavoro e deve pertanto obbedire a mere dinamiche di mercato, punto. Cosa fa incassare? Avventura, esplosioni, effetti speciali, eroismi kitsch, sentimentalismi e retorica spiccata-  
 
mente iusei. Qualsiasi velleità autoriale è bandita, qualsiasi implicazione contenutistica idem, che qui si lavora mica si sta a perder tempo! E così tutto fa brodo. Alieni, glaciazioni, catastrofi futuribili, uomini delle caverne, antichi egizi. Nel suo universo naif una fascinazione particolare deve giocarla proprio l’antico Egitto, rivisitato a suo modo già in Stargate che torna anche in questo 10.000 a.C. Una fascinazione, com’è  
intuibile, ingenua, da bambino di quinta elementare che si sente raccontare la favola delle piramidi e del faraone celebrato come un dio. Ecco allora che il cervello del bambino si mette in moto e comincia a volare con la fantasia. Per Emmerich è lo stesso. Non legge, non studia, vive di infatuazioni spontanee che mette al servizio del suo caravanserraglio cinematografico, tutto muscoli e niente cervello, e va avanti come un caterpillar facendosi beffe di verosimiglianze, incongruenze della trama, idiozie e snodi narrativi assenti. Dai ghiacciai del Kilimangiaro (?) alle piramidi d’Egitto attraverso il deserto del Sahara, un paio di guerrieri di una tribù dallo stupido nome, un po’ indiani un po’ eschimesi, all’inseguimento di una donna protagonista di una stupida leggenda. Non mangiano, non bevono, combattono contro degli orridi gallinacci, stringono amicizia con la tigre dai denti a sciabola, incontrano variopinte tribù di etnie disparate, mettono su un esercito, arrivano in Egitto dove trovano i Mammuth (i Mammuth, in Egitto?) mentre l’estenuante voce fuori campo (di Omar Sharif!) ci accompagna per tutto il tempo narrandoci miti e antiche profezie improvvisate lì per lì. 10.000 a.C. E’ stupido fin dal titolo. Le piramidi risalgono al massimo al 3000 a.C. Non pretendiamo trattati di storia, ma almeno il titolo…


(recensione di Mirko Nottoli )

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