THE WOODSMAN
 

recensione the woodsman

 
Nicole Kassell fa il suo esordio alla regia con un film che investe lo spettatore come un fiume in piena. Un’opera sussurrata, che scava negli aspetti più oscuri della nostra anima e della nostra società con il lucido intento di portarli in superficie, senza bisogno di utilizzare immagini forti per suscitare uno stato di angoscia permanente. Sono sufficienti i temi trattati, così vicini alla nostra quotidianità, a farci sentire violati i nostri ambienti più intimi; quella sfera di persone e di emozioni che vorremmo preservare e tenere lontani dal mondo esterno. The Woodsman tratto dall’omonimo spettacolo teatrale di Steven Fechter, racconta la storia di Walter (che ha le fattezze di un Kevin Bacon silenzioso e fragile, eppur granitico) e del suo tentativo di ricominciare una nuova vita dopo dodici anni trascorsi in carcere per molestie a  
 
minori; “essere normale vuol dire parlare e stare vicino ad una ragazzina senza fare fantasie su di lei”: la normalità è appunto tutto ciò che quest’uomo scontroso e impaurito da sè stesso desidera. Ma la sua presenza è carica di un passato dal quale vorremmo tenerci lontani, e soprattutto sentirci lontani, per mantenere immacolato il nostro focolare. Accanto a lui viene alla luce un mondo di di silenzi, di abusi e di pau-  
re, tutto avvolto nella nebbia dell’apparenza; una vaso di pandora che nessuno vorrebbe mai scoperchiare; un velo di perbenismo, allo stesso tempo falso e rassicurante. La Kassell ci spinge a guardare oltre l’esteriorità delle situazioni, a cercare i veri mostri dietro maschere di normalità e di silenzi. Il silenzio delle vittime è elemento fondamentale di questo gioco raccontato dalle telecamere che, meglio di qualsiasi dialogo, ci fanno guardare alle cose con una tensione figlia di quel sospetto che si insinua in noi sin dai primi minuti. È il mondo in cui gli eventi si svolgono ad essere il vero protagonista del film. Un film quasi di denuncia, che spinge tutte le situazioni all’estremo, per lasciare nello spettatore una scia di pensieri e di inquietudini anche dopo la sua fine, che sfida i tabù dietro i quali si nascondono situazioni che spesso non vediamo o non vogliamo vedere. Una pellicola a suo modo eretica e scandalosa, che fa emergere da un mare placido e silenzioso tutte le paure che erano custodite sul suo fondale.
(di Antonio Nasso)
 
 
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