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Jamel,
Stéphanie e Mikhail,
tre anime nella tormenta.
Il primo si prostituisce
nei cessi pubblici, la seconda
è un transessuale,
il terzo un boxeur russo
che non parla francese,
ma si capisce che è
segnato dalla tragedia.
Si incontrano, si amano,
non chiedono niente in cambio
l'uno agli altri. Poi si
trasferiscono tutti nel
nord della Francia, nella
vecchia casa di Stèphanie
dove sua madre, ammalata
da tempo, sta per morire.
Splendido film d'amore diretto
dal regista del già
bellissimo Quasi
niente. Un'opera
pervasa da una sensazione
di disperazione, simbolicamente
espressa dalla plumbea e
meravigliosa fotografia
di Agnes Godard. Ma gii
elementi più scontati
del mèlo (le conclamazioni
dei drammi) non deflagrano
mai, come se una sorta di
quiete interiore arginasse
il male e la deriva definitiva. |
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Lifshitz
punta tutto sull'intimità
dei tre personaggi, che
diventa centrale nella seconda
parte del film. Del resto,
la campagnia della Francia
del nord rappresenta una
sorta di frattura dal mondo
caotico della città.
Non, però un arcadia
rurale, ma una terra desolata
dove il sentore della morte
è ancora più
palpabile. È qui
che la relazione tra i tre
protagonisti ha una mutazione,
diventa a suo modo compiuta,
resiste con la forza della
bellezza interiore di chi
si concede agli altri al
degrado che li/ci assedia.
Wild Side
(il titolo è un omaggio
ai drop-out di Lou Reed)
è melanconico senza
essere forzatamente "letterario".
Anche per questo, per una
volta, non è spropositato
parlare di tocco truffautiano.
Da non perdere.
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Mauro
Gervasini (Film
TV) |
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