LA VITA CHE VORREI
 
 

- Recensione -

 
Anatomia di un'attrice, complice e amante, feticcio di uno sguardo innamorato da cui pare proprio non riuscire a distanziarsi. Fin dall'incipit, Giuseppe Piccioni si dichiara e confessa, denunciando con spudoratezza l'oggetto del suo desiderio: Sandra Ceccarelli. Per mascherare tutto ciò, si rifugia nell'abusato sottogenere del cinema nel cinema, con la conseguenza di raddoppiare le lenti e deformare ulteriormente la realtà. Non che il film non s'impegni nell'investigare il rapporto, fragile e delicatissimo, tra arte e vita, tra realtà e finzioni. La cinepresa intimista dell'autore marchigiano è, come sempre, a suo agio nel territorio dell'interiorità. Ma è evidente che il gioco seduttivo, questa volta, giri troppo su stesso, eliminando il mondo e l'universo maschile (persino il bravo  
 
Luigi Lo Cascio risulta sottotono), a favore di un'attrice e di una donna verso le quali il regista aveva già dato e illuminato. Una vita che vorrebbe ma non può (forse) e non riesce come immaginato. "La vita che vorrei" conferma l'attrazione fatale della macchina da presa nei confronti della Ceccarelli e che tuttavia poco emoziona, come un mèlo dimenticato per troppo tempo nel freezer.  
(di Aldo Fittante - Film TV)
 
 
   
 

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