VENTO DI TERRA
 
 

- Recensione -

 
Il cinema di Vincenzo Marra è un cinema che nasce dalla pancia, per sua stessa ammissione, e si percepisce dalle storie che sceglie di narrare, coadiuvato da attori non professionisti, facce intensamente comuni che incarnano quella parte di umanità invisibile alla maggior parte di noi. Già da “Tornando a Casa” il ruvido e bel racconto della vita dei pescatori al largo delle coste italiane ci avevano regalato una prospettiva non convenzionale su una fetta di mondo sconosciuta. Qui utilizza il medesimo registro per mostrarci la storia di Vincenzo un ragazzo che cerca di emanciparsi dalle possibilità, la malavita o la precarietà, che gli offre il quartiere di periferia dove abita. Vive ai margini di Napoli assieme ad un milione di anime. La quotidianità della sua famiglia è scandita dagli interventi dell’ufficiale giudiziario che li vuole sfrattare, dal  
 
padre che fatica a sopportare la sua condizione di lavoratore in bilico, dalla sorella e dalla madre che cercano di contribuire con lavoretti qua e là. Tutti si stringono l’uno con l’altro per cercare di non perdersi e di andare avanti. Un evento drammatico cambierà le loro vite e Vincenzo dopo aver tentato la carta della rapina, aiutato da un amico di famiglia, decide di intraprendere la carriera militare che lo porterà in Kossovo.  
Tornerà ma nulla sarà come prima. La recitazione in napoletano sottotitolata in italiano non toglie nulla alla comprensione dei fatti, semmai dona ulteriore naturalità alla loro narrazione. Napoli è mostrata sempre nella sua grandezza materiale di case e quartieri, con panoramiche allargate che acuiscono la solitudine della vicenda di Vincenzo e della sua famiglia. Una storia nera, risolta con delicatezza e forza che ci lascia un pensiero egoista e rassicurante: noi non siamo loro. Stiamo meglio. Come sostiene il regista questa è una storia di persone senza paracadute: e noi, siamo così sicuri di possederlo il paracadute? Ma allora chi sono gli undici milioni di italiani sulla soglia della povertà? (di Daniela Losini )
 
 
   
 

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