Jusuf, proletario
di campagna, parte
per Istanbul in cerca
di un lavoro come
marittimo. In città
lo ospita un suo parente,
Mahmut, intellettuale
e fotografo d'arte
mancato, ben poco
convinto del lavoro
che fa. Vite normali:
uno cerca qualcosa,
l'altro non ha trovato
niente. La coabitazione
forzata nell'appartamento
non è facile,
i due non si sopportano,
si spiano, si punzecchiano.
A un certo punto,
Mahmut torna a casa,
mette la cassetta
di Stalker di Tarkovskij,
dopo un po' si annoia
e passa a un porno:
pragmatismo di prigioniero
d'appartamento. L'ospite
parassita è
d'intralcio dopo pochi
giorni. Vengono a
confronto le rispettive
nevrosi (sessuali,
soprattutto: Mahmut
è uno scettico
sregolato, Jusuf guarda
e sogna). C'è
tutto il tempo per
misurare la profondità
di un'ìncomunicabilità
evidente. Fuori c'è
una sorprendente
Istanbul
innevata,
quasi
nordica.
Tra
i registi
turchi,
Nuri
Bilge
Ceylan
è
il più
solido
e promettente.
Stile
sorvegliato,
tempi
lunghi,
dialoghi
minimi,
ellissi
narrative,
significati
sfuggenti,
atmosfera
claustrofobica
con
tocchi
di comicità
stralunata,
come
nell'imprevista
caccia
al topolino.
Gran
Premio
della
Giuria
a Cannes
2003.
Un regista
da tenere
d'occhio.