Secondo il metro della
"Storia",
uno degli atti più
maleficamente geniali
di tutti i tempi:
semplici taglierini
hanno condannato una
parte di mondo alla
paranoia (Mira Nair),
innescando una rivoluzione
in pieno svolgimento
che non sappiamo dove
ci condurrà.
Ad un' arte onnicomprensiva
l' interpretazione
catartica di una ferita
epocale per la nazione-guida
del mondo. Non un
lamento, ma parlare
franco. Numero di
registi e tempo riservato
ad ogni episodio fissati
da una data le cui
cifre arabe, in una
sorta di fato cabalistico,
richiamano visivamente
le Twin Towers. Si
và oltre i
criteri di giudizio,
proprio grazie alla
presenza di tanti
autori noti - con
altrettante prospettive
- per un' operazione
politicamente ostacolata.
L' occidente si mostra
sordomuto (Claude
Lelouch), l' orrore
cieco rimanda, come
fantasmi, le voci
degli scomparsi e
si fà
domande
(Alejandro
Gonzales
Inarritu);
nella
buia
follia
della
solitudine,
il trauma
può
divenire
illuminante
(durissima
la metafora
di Sean
Penn).
Se poi
l' attenzione
si allarga,
l' eccezionalità
cambia
in relativismo,
un debole
eco
in paesi
lontani
presi
da povertà,
malattie
e massacri
(Danis
Tanovic,
Idrissa
Ouedraogo)
qui
da noi
perlopiù
ignorati.
Seguendo
la ricerca
senza
pace
di Yusef
Shahin
ed il
parallelismo
materialista
di
Ken
Loach, dalle
atomiche di
Hiroshima-Nagasaki
percorriamo
velocemente
gli ultimi
decenni di
politica estera
statunitense,
causa di eccidi
in ogni angolo
del pianeta,
sia con interventi
diretti, sia
con lo zampino
dei suoi servizi
segreti. Per
"terrorismo"non
esiste una
definizione
universalmente
condivisa:
se il discrimine
sono le vittime
civili, nei
conflitti
del ventesimo
secolo - per
la prima volta
lungo il percorso
dell' umanità
- il numero
dei morti
tra le popolazioni
ha superato
quello dei
militari;
perciò,
muova o meno
da presupposti
di sacralità
(Shohei Imamura),
ogni belligeranza
è criminale.
E se per un
kamikaze il
governo di
uno stato
nemico è
stato eletto
da una maggioranza
e quindi il
singolo và
considerato
ugualmente
responsabile
e meritevole
di essere
ucciso, per
un esercito
regolare che
esporta democrazia
gli innocenti
bombardati
sono un "danno
collaterale"
il quale provoca
lutti ancor
maggiori.
Il risultato
però
non cambia.
(di Fedro)