Nel delicato film
diretto da Vittorio
Moroni, tutto ruota
intorno al rapporto
viscerale e morboso
tra il “ragazzo
padre” Carlo
(Ignazio Oliva) e
la figlia adolescente
Vale (la brava esordiente
Valentina Merizzi).
Nessuno è capace
di scalfire il granitico
guscio che i due protagonisti
si sono creati, isolandosi
da tutti gli altri
affetti: né
Giò (Vera Gondola),
l’unica amica
di Vale, né
Elena (Sara D’Amario),
la compagna di Carlo.
Giò tenta inutilmente
di coinvolgere Vale
in amicizie e uscite
con altri coetanei,
di farla vivere al
di fuori del microcosmo
esclusivo nel quale
l’amica tende
a rinchiudersi. Elena
è costretta
a vedere il fidanzato
destreggiandosi fra
mille sotterfugi,
mal sopportando la
dimensione di clandestinità
che è lo stesso
Carlo a imporle, timoroso
di ferire la suscettibilità
della figlia. E’
la mancanza della
madre, che Vale crede
morta do-
po
il parto
a far
sì
che
l’uno
cerchi
conforto
nell’altro,
pur
di compensare
una
ferita
che
il tempo
non
ha rimarginato.
All’interno
di questo
tormentato
menage
irrompe
improvvisamente
Valentina
(Valentina
Carnelutti),
misteriosa
donna
che
arriva
da Lisbona,
dove
vive
da tempo
e fa
la marionettista.
Valentina
è
in realtà
la madre
di Vale,
sparita
anni
prima
abbandonando
la figlia.
Forse
si può
accontenta-
re
di guardarla
da lontano,
forse invece
brucia dal
desiderio
di riprendersi
una parte
di vita che
ha perso rinunciando
a essere madre.
Ma l’amore
un tempo rifiutato,
l’amore
mai donato,
non può
più
rinascere.
Valentina
non potrà
più
vantare diritti
sulla carne
della propria
carne: più
forte del
legame di
sangue è
destinato
a rimanere
il rapporto
di Vale con
il giovane
uomo che l’ha
voluta, accudita,
amata. Valentina
potrebbe essere
il lupo a
cui allude
il titolo:
l’estraneo
che rischia
di turbare
il fragile
universo creato
da Carlo per
Vale. Il lupo,
al di là
della coincidenza
con un dato
personaggio,
è comunque
il simbolo
classico e
ancestrale
della paura
e dell’ignoto.
Eppure potrebbe
anche significare
qualcosa di
oscuro ma
inaspettatamente
positivo,
se si ha il
coraggio di
affrontarlo:
un ostacolo
che diventa
un gradino
fondamentale
per crescere,
arricchendo
la conoscenza
e la percezione
del mondo.
La bellissima
immagine finale
della marionetta
- lupo, che
prende per
mano una farfalla
e la conduce
a vedere cosa
si nasconde
oltre al limitare
del bosco,
potrebbe infatti
suggerire
un’identificazione
del lupo con
Elena, l’amante
che scardina
l’equilibrio
(precario)
del rapporto
padre-figlia,
ma in grado
anche di aiutare
entrambi ad
accettare
e soprattutto
desiderare
l’esistenza
di altri mondi,
di altri amori,
di altri vincoli.
Il film è
permeato da
un’aura
di profonda
tristezza,
ogni personaggio
patisce un
senso di inadeguatezza
e di sofferenza.
Ma l’occhio
del regista
filtra tutto
attraverso
sfumature
morbide, regalando
allo spettatore
una visione
in cui l’amarezza
è velata
e addolcita
da una grande
poesia, stemperando
la tragedia
con tocco
lieve e misurato.