LA TERRA DEI MORTI VIVENTI
 

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Siamo in un futuro imprecisato in cui il mondo è dominato dai morti viventi. La razza umana vive tra le mura di una città fortezza, dove, dall’alto, impervia il miliardario Kaufman, richiuso in un lussuoso grattacielo di Fiddler’s Green, zona benestante della metropoli, mentre gli abitanti della periferia vivono di stenti, tra vizi ed attività illegali, e gli zombies, al di là del fiume, mirano ad attaccarli. Tutto fila liscio fino al giorno in cui Riley, incaricato da Kaufman, insieme ad un gruppo di uomini scelti, di recuperare cibo e beni per i cittadini, non si ritrova a dover fare i conti con il suo secondo in carica, Cholo, il quale, con l’intento di estorcere milioni di dollari al miliardario, ruba il Dead Reckoning, potente veicolo armato e corazzato, con il rischio di favorire un’invasione di morti viventi, ora ribattezzati walker. Aiutato da un mani-  
 
polo di uomini, tra cui la spogliarellista Slack e lo sfigurato Charlie, Riley farà di tutto per fermarlo, mentre gli zombies cominciano ad evolversi, imparando ad organizzarsi e comunicare. Dopo anni di attesa, George A. Romero porta finalmente sullo schermo il quarto ed al momento ultimo episodio della saga sui morti viventi, da lui iniziata, nel 1968, con quel capolavoro della Settima Arte intitolato "La not-  
te dei morti viventi", ed a cui hanno fatto seguito "Zombi" (1978) e "Il giorno degli zombi" (1985). Bisogna dire che i fan del genere non resteranno certo delusi e che la loro attesa sarà ben ripagata: "La terra dei morti viventi", infatti, è quanto di più innovativo ci si poteva aspettare oggi da un film sugli zombies. Innanzitutto, questa volta si fa il tifo per i non morti, in quanto, come possiamo biasimarli quando sbranano i civili (???) imbellettati ed altolocati, divorati dall’irrefrenabile desiderio di strapotere e di una vita fatta esclusivamente di agi? Anche questo episodio, come i precedenti, si presenta a mo’ di metafora dei tempi che corrono (il personaggio di Kaufman, come lo stesso regista ha più volte lasciato intendere, si rifà a George W. Bush) e Romero descrive il tutto in maniera talmente geniale che la sua ultima fatica potrebbe tranquillamente assumere lo status di film d’autore. I suoi nuovi living dead non sono, come la tradizione orrorifica ci ha insegnato, esclusivamente dei mangia-carne privi di coscienza, bensì degli esseri pronti ad apprendere dalla cosiddetta “civiltà evoluta”, descritti come sottovalutati emarginati, spinti a vendicarsi nei confronti della società che li ha così ridotti, dimenticandoli nell’assoluto isolamento. Quindi, bisogna assolutamente porre in rilievo la bravura mostrata dagli attori che interpretano gli zombies, rendendoli malinconici ed incredibilmente espressivi, su tutti Eugene Clark, nel ruolo di Big Daddy, a capo dell’orda di morti viventi. Senza comunque dimenticare il resto del cast, costituito da nomi come il sempre grande Dennis Hopper, l’istrionico John Leguizamo di "Spawn" e "Romeo + Giulietta" e la nostra Asia Argento (il padre Dario produsse Zombi) che, a dirla tutta, rappresenta l’unica nota dolente del film, colpa soprattutto del doppiaggio che, in questi casi, dovrebbe affidarsi ad altre voci. Il più sfegatato degli appassionati, poi, non potrà fare a meno di riconoscere l’attore nano Phil Fondacaro, visto in b-movies come "Ghoulies 2" e "Giocattoli assassini", Robert Joy, tra gli interpreti di "Amytiville 3-D" e "Il giustiziere della notte 5", e l’immancabile Tom Savini, grande effettista che qui si ritaglia un divertente cameo, in omaggio al personaggio del motociclista da lui interpretato in "Zombi". Infine, nella parte di due cadaveri sbeffeggiati, c’è da segnalare la presenza di Simon Pegg e Edgar Wright, rispettivamente interprete e regista di "Shaun of the dead-L’alba dei morti demenit", opera cult inglese che parodizza, già nel titolo, "Dawn of the dead" (titolo originale di "Zombi" e del suo remake). A conti fatti, però, bisogna dire che è quasi un’ingiustizia che una figura come George A. Romero, nominato il padre dei morti viventi, abbia potuto realizzare questo capolavoro solo dopo il successo di film discutibili come "L’alba dei morti viventi" e, soprattutto, i due sopravvalutati "Resident evil", titoli che, senza la sua influenza cinematografica, non sarebbero mai esistiti. In ogni caso, "La terra dei morti viventi" gli rende giustizia e ci lascia capire che abbiamo davanti un autore sempre capace di rinnovarsi sull’argomento, in grado di fondere politica, contemporaneità e horror, e la sola sequenza dei morti che riemergono dall’acqua è già un’immagine emblematica per il cinema della paura che sarà. Bentornato George!


(di Mirko Lomuscio)

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