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Dopo
il caso Moore,
continua il
successo dei
documentari
a carattere
politico/sociale
sul grande schermo.
Questa volta
è la
famosa scuola
documentarista
canadese a presentare
un lavoro di
Avi Lewis e
Naomi Klein.
Giornalista
della TV canadese
il primo e regista
di The Take,
giornalista
e scrittrice
la seconda,
autrice del
best seller
no global no
logo e sceneggiatrice
del documentario.
La vicenda raccontata
non e’
stata trattata
a fondo dai
media nostrani,
impegnati sul
fronte estero
a trattare soprattutto
l’argomento
Iraq . Nel 2001
scoppia il caso
Argentina. Un
paese in pochi
anni prima ricco,
quasi opulento,
guidato dai
suoi leader
politici ad
un declino economico
senza precendenti
per rapidita’
e consistenza
della crisi
. Un paese in
bancarotta costretto
a chiudere i
conti correnti
della popolazio- |
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Prosecuzione
ideale di "memoria
del saqueo"
di Fernando
Solanas, che
analizzava le
cause del disastro
argentino. Dopo
un breve excursus
storico, vigilia
di presidenziali
nella sfida
tra Menem, candidato
al suo terzo
mandato nonche'
reduce dagli
arresti domiciliari
per corruzione,
e il peronista
Kirchner. Una
delicata fase
di transizione,
una dirigenza
delegittimata
rialza la testa
e tenta il ritorno.
Troupe canadese
composta da
Avi Lewis -
suo primo lungometraggio,
prima centinaia
di dibattiti
televisivi e
un corto su
un giovane manifestante
ucciso a Buenos
Aires - e Naomi
Klein, articolista
autrice di "no
logo",
tradotto in
27 lingue; spinta
a codesta ricerca
dalla frequente
critica mossa
a chi contesta
la globalizzazione
neoliberista,
ossia la mancanza
di proposte
alternative.
Obiettivo su
un paese simbolo
delle |
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ne,
mentre notte
tempo le banche
straniere prelevavano
quaranta miliardi
di dollari dalla
banca centrale
argentina per
portarli altrove.
The Take, nonostante
l’attivismo
politico dichiarato
dei suoi autori,
non affonda
nella denuncia
politica della
vicenda, ma
la tratta in
modo secco,
citando I fatti
salienti utili
a comprendere
un processo
che spaventa
e che purtroppo
e’ facilmente
replicabile
in tutti i paesi
legati alle
grandi banche
straniere ed
al fondo monetario
internazionale.
La forza di
questo documentario
sta nella sua
novita’,
sia della vicenda
narrata che
nell’averla
vissuta insieme
ai protagonisti.
Le fabbriche
chiuse e messe
in liquidazione
scatenano la
rivolta degli
operai disoccupati
e , come dice
lo slogan del
film, si comincia
ad Occupare,
Resistere, Produrre.
Lo slogan capitalistico
per eccellenza
e’ il
punto di svolta.
Nel marzo 2003
una trentina
di operai della
Forja San Martin,
fabbrica di
ricambi per
autoveicoli,
tolgono I lucchetti
ai cancelli
e si riprendono
la fabbrica.
Costituiscono
una cooperativa,
ispirati da
altri movimenti
analoghi nati
pochi mesi prima,
come la fabbrica
Zanon il cui
proprietario
immune dal collasso
economico spera
in una rielezione
di Menem per
riappropriarsene.
La troupe di
The Take filma
la prima occupazione
e vive gomito
a gomito le
vicende del
presidente della
cooperativa,
colmo di speranza
da un lato,
terrorizzato
di non poter
dare un futuro
alla propria
famiglia dall’altro.
La battaglia
piu’ che
sulle strade
viene combattuta
in tribunale
per veder riconosciuti
i propri diritti
ed in fabbrica
per dimostrare
che la cooperativa
funziona. A
volte la voce
fuori campo
marca troppo
le distanze
con la vicenda
altre basta
un primo piano
autentico di
un uomo senza
lavoro o la
sua compagna
per sentirci
addosso le loro
ansie ed i momenti
di sconforto
vissuti sempre
con grande dignita’.
L’Argentina
propone un modello
nuovo il cui
futuro e’
incerto, ma
quanto fatto
fino ad oggi
qualche anno
fa sarebbe sembrato
un miracolo
anche ad un
teorico marxista
. A livello
registico si
apprezza la
resa dei contrasti
tra il mondo
del prima della
crisi, FMI,
Menem, il sig.
Zanon, e quello
del post occupazione;
per il resto
e’ una
storia raccontata
attraverso le
interviste ai
protagonisti,
qualche sequenza
di azione il
tutto legato
da una voce
narrante che
ne fa la radio
cronanca. Le
immagini, anche
se non perfette
stilisticamente
(e’ stato
realizzato in
digitale ),
sanno imprimersi
nello spettatore
per forza simbolica
. The Take e’
una storia ben
raccontata che
merita di essere
vista e dibattuta. |
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estreme
conseguenze
delle ricette
economiche imposte
dal Fondo Monetario
Internazionale.
La destatalizzazione
ha lasciato
meta' della
popolazione
sotto la soglia
della sopravvivenza,
una drastica
riduzione della
manodopera,
un deserto di
fabbriche abbandonate.
Gruppi operai
cui un padronato
in fallimento
doveva retribuzioni
arretrate, hanno
cominciato ad
autorganizzarsi
riunendosi in
cooperative,
rientrando nei
loro luoghi
di lavoro dismessi,
e sullo slogan
"occupare,
resistere, produrre"
dando vita al
"movimento
imprese recuperate".
Armati di fionde
per impedire
gli sgomberi
della polizia
(data la tutela
costituzionale
al diritto di
proprieta'),
e saccheggi,
spoliazione,
svendita di
macchinari e
capannoni. Tutti
amministratori,
un' assemblea
decisionale,
stipendi paritari
(ma in questo
ogni esperienza
decide come
meglio crede).
La ceramica
Zanon rappresenta
da 2 anni un
modello; sostenuta
dalla comunita',
ha respinto
6 tentativi
di irruzione,
aumentato la
produzione,
abbassato i
prezzi e assunto
personale. A
differenza del
socialismo reale,
una democrazia
partecipativa
non imposta
dall' alto,
e in espansione:
si parla di
200 aziende
(16 quelle visitate
dai nostri),
dai gelati ai
cantieri navali,
con migliaia
di lavoratori
in una rete
di collaborazione;
ma anche scuole
e ambulatori
autogestiti.
Azione diretta,
diffidenza verso
le elezioni
("i nostri
sogni non entreranno
mai nelle vostre
urne" recita
un murales)
e una forza
di pressione
politica capace
di far approvare
una legge per
l' espropriazione
che restituisce
ad esempio la
tessile Bruckman
- la prima ad
essere rimessa
in funzione
- alle impiegate
buttate fuori
e subito adottate
dalle madri
di Plaza de
Mayo. La regia,
grezza e d'
assalto, nel
seguire da vicino
un giovane padre
di famiglia
e l' incontro
con altre vicende
collettive,
trasmette entusiasmo,
scoramento,
apprensione
altalenanti,
mostra la concretezza
dell' utopia
ed immortala
un paragrafo
aggiunto alla
storia del conflitto
di classe. |
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