THE TAKE
 
 

di Christian Cinetto

 

di Fedro

Dopo il caso Moore, continua il successo dei documentari a carattere politico/sociale sul grande schermo. Questa volta è la famosa scuola documentarista canadese a presentare un lavoro di Avi Lewis e Naomi Klein. Giornalista della TV canadese il primo e regista di The Take, giornalista e scrittrice la seconda, autrice del best seller no global no logo e sceneggiatrice del documentario. La vicenda raccontata non e’ stata trattata a fondo dai media nostrani, impegnati sul fronte estero a trattare soprattutto l’argomento Iraq . Nel 2001 scoppia il caso Argentina. Un paese in pochi anni prima ricco, quasi opulento, guidato dai suoi leader politici ad un declino economico senza precendenti per rapidita’ e consistenza della crisi . Un paese in bancarotta costretto a chiudere i conti correnti della popolazio-   Prosecuzione ideale di "memoria del saqueo" di Fernando Solanas, che analizzava le cause del disastro argentino. Dopo un breve excursus storico, vigilia di presidenziali nella sfida tra Menem, candidato al suo terzo mandato nonche' reduce dagli arresti domiciliari per corruzione, e il peronista Kirchner. Una delicata fase di transizione, una dirigenza delegittimata rialza la testa e tenta il ritorno. Troupe canadese composta da Avi Lewis - suo primo lungometraggio, prima centinaia di dibattiti televisivi e un corto su un giovane manifestante ucciso a Buenos Aires - e Naomi Klein, articolista autrice di "no logo", tradotto in 27 lingue; spinta a codesta ricerca dalla frequente critica mossa a chi contesta la globalizzazione neoliberista, ossia la mancanza di proposte alternative. Obiettivo su un paese simbolo delle
 
 
 
ne, mentre notte tempo le banche straniere prelevavano quaranta miliardi di dollari dalla banca centrale argentina per portarli altrove. The Take, nonostante l’attivismo politico dichiarato dei suoi autori, non affonda nella denuncia politica della vicenda, ma la tratta in modo secco, citando I fatti salienti utili a comprendere un processo che spaventa e che purtroppo e’ facilmente replicabile in tutti i paesi legati alle grandi banche straniere ed al fondo monetario internazionale. La forza di questo documentario sta nella sua novita’, sia della vicenda narrata che nell’averla vissuta insieme ai protagonisti. Le fabbriche chiuse e messe in liquidazione scatenano la rivolta degli operai disoccupati e , come dice lo slogan del film, si comincia ad Occupare, Resistere, Produrre. Lo slogan capitalistico per eccellenza e’ il punto di svolta. Nel marzo 2003 una trentina di operai della Forja San Martin, fabbrica di ricambi per autoveicoli, tolgono I lucchetti ai cancelli e si riprendono la fabbrica. Costituiscono una cooperativa, ispirati da altri movimenti analoghi nati pochi mesi prima, come la fabbrica Zanon il cui proprietario immune dal collasso economico spera in una rielezione di Menem per riappropriarsene. La troupe di The Take filma la prima occupazione e vive gomito a gomito le vicende del presidente della cooperativa, colmo di speranza da un lato, terrorizzato di non poter dare un futuro alla propria famiglia dall’altro. La battaglia piu’ che sulle strade viene combattuta in tribunale per veder riconosciuti i propri diritti ed in fabbrica per dimostrare che la cooperativa funziona. A volte la voce fuori campo marca troppo le distanze con la vicenda altre basta un primo piano autentico di un uomo senza lavoro o la sua compagna per sentirci addosso le loro ansie ed i momenti di sconforto vissuti sempre con grande dignita’. L’Argentina propone un modello nuovo il cui futuro e’ incerto, ma quanto fatto fino ad oggi qualche anno fa sarebbe sembrato un miracolo anche ad un teorico marxista . A livello registico si apprezza la resa dei contrasti tra il mondo del prima della crisi, FMI, Menem, il sig. Zanon, e quello del post occupazione; per il resto e’ una storia raccontata attraverso le interviste ai protagonisti, qualche sequenza di azione il tutto legato da una voce narrante che ne fa la radio cronanca. Le immagini, anche se non perfette stilisticamente (e’ stato realizzato in digitale ), sanno imprimersi nello spettatore per forza simbolica . The Take e’ una storia ben raccontata che merita di essere vista e dibattuta.   estreme conseguenze delle ricette economiche imposte dal Fondo Monetario Internazionale. La destatalizzazione ha lasciato meta' della popolazione sotto la soglia della sopravvivenza, una drastica riduzione della manodopera, un deserto di fabbriche abbandonate. Gruppi operai cui un padronato in fallimento doveva retribuzioni arretrate, hanno cominciato ad autorganizzarsi riunendosi in cooperative, rientrando nei loro luoghi di lavoro dismessi, e sullo slogan "occupare, resistere, produrre" dando vita al "movimento imprese recuperate". Armati di fionde per impedire gli sgomberi della polizia (data la tutela costituzionale al diritto di proprieta'), e saccheggi, spoliazione, svendita di macchinari e capannoni. Tutti amministratori, un' assemblea decisionale, stipendi paritari (ma in questo ogni esperienza decide come meglio crede). La ceramica Zanon rappresenta da 2 anni un modello; sostenuta dalla comunita', ha respinto 6 tentativi di irruzione, aumentato la produzione, abbassato i prezzi e assunto personale. A differenza del socialismo reale, una democrazia partecipativa non imposta dall' alto, e in espansione: si parla di 200 aziende (16 quelle visitate dai nostri), dai gelati ai cantieri navali, con migliaia di lavoratori in una rete di collaborazione; ma anche scuole e ambulatori autogestiti. Azione diretta, diffidenza verso le elezioni ("i nostri sogni non entreranno mai nelle vostre urne" recita un murales) e una forza di pressione politica capace di far approvare una legge per l' espropriazione che restituisce ad esempio la tessile Bruckman - la prima ad essere rimessa in funzione - alle impiegate buttate fuori e subito adottate dalle madri di Plaza de Mayo. La regia, grezza e d' assalto, nel seguire da vicino un giovane padre di famiglia e l' incontro con altre vicende collettive, trasmette entusiasmo, scoramento, apprensione altalenanti, mostra la concretezza dell' utopia ed immortala un paragrafo aggiunto alla storia del conflitto di classe.
 
 
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