STORIA DI MARIE E JULIEN
 
 

- Recensione -

 
Incredibilmente snobbato da Cannes e da Venezia l'anno scorso, finalmente esce da noi ('ultimo film di Rivette, il più austero e stilizzato tra i maestri della nouvelle vague. Si tratta del terzo capitolo di una tetralogia, sospesa dopo i primi due capitoli negli anni 70 (Noroit e Duelle) e ripresa grazie al fortunoso ritrovamento del copione poco tempo fa. Lo spunto iniziale è una di quelle raffinate divagazioni sul feuilleton che il regista ama. L'orologiaio Julien cerca di ricattare la bella e ricca Madame X, trafficante di oggetti antichi. Ma qualcosa lega anche Madame X alla bellissima Marie, di cui Julien si era innamorato a prima vista tempo prima. A metà film però, con un colpo di scena, la storia d'amore tra Marie e Julien scantona verso il fantastico e il gotico, diventando uno dei film più appassionati di Rivette, un melodramma  
 
che brucia piano, semprepiù intenso e musicale. Nume tutelare della vicenda, oltre ai vari Cocteau e Hitchcock possibili, Edgar Allan Poe, cantore di donne ritornanti: da una sua poesia prende il nome il gatto Nevermore che troneggia nel film. Superbo il lavoro sui set (una
casa attraversata in lungo e in largo) e sugli attori (la Béart torna a essere corpo da cinema quasi come nella "Bella scontrosa".
 
(di Emiliano Morreale - Film TV)
 
 
   
 

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