STEAMBOY
 

steamboy recensione

 
Dalla mano talentuosa e inventiva che ci regalò “Akira” un altro bambino che vuole salvare il mondo dalla sua stessa capacità di autodistruzione. Nell’Inghilterra del 1850 durante l’era del cambiamento epocale dovuto all’industrializzazione, una sfera futuristica nella quale è racchiuso un enorme potenziale energetico e dunque la possibilità di predominare sugli altri, viene contesa da un gruppo di scienziati capitanati dal suo inventore, il padre di SteamBoy, Stephenson, l’organizzazione ambigua che finanziò il progetto e il nonno del ragazzino che cerca di salvaguardarlo e aprirgli gli occhi. Il padre del protagonista è trasformato dalla sua stessa insanità in una sorta di Frankenstein posseduto dalla brama di dominio e megalomania che lo ha condotto a ergere la Torre Steam il cui nucleo è la famigerata sfera.  
 
La costruzione è un groviglio abnorme di serpenti di ferro, trine di ghisa, valvole, bulloni e tubi che sbuffano vapore e s’innalza minacciosa al centro di Londra. Le forze degli interessi che ruotano attorno l’invenzione cercano di vendere al migliore offerente la scoperta sfruttando l’esposizione mondiale della scienza e della tecnica e mentre all’interno della Torre si scatena una guerra per accaparrarsi l'oggetto,  
all'esterno il lato oscuro del progresso si riversa nelle strade della città sottoforma di armata invincibile – vengono costruiti soldati imbracati in tute di acciaio e vapore, micidiali armi di distruzione – che mettono a ferro e fuoco la città. Dialoghi classici e classici deliri da onnipotenza confrontati con la necessità del singolo di combattere il sistema inquinato dalla cultura del profitto e della prepotenza, perfezione nei dettagli, grande sforzo immaginifico che a tratti risulta poco coinvolgente emotivamente, emozione che forse rimane schiacciata dalla molta azione e dall’ingente sforzo sonoro quasi invadente ma restano fondamentali, amare e necessarie riflessioni: non abbiamo imparato nulla, la guerra rimane fonte di guadagno e l’avidità, l’indifferenza che nascono dal benessere acquisito, i nostri peccati preferiti.

(di Daniela Losini)

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