SPANGLISH
 

spanglish recensione

 
Adam Sandler si cimenta con la commedia agrodolce - genere nel quale in "Ubriaco d’amore, agro e basta", fece intravedere qualche potenziale espressivo ma pellicola e personaggio erano ben altra cosa – interpretando un padre che adora i propri figli e amministra la famiglia senza portafoglio, tiranneggiato dalle nevrosi della moglie (Tea Leoni) ex manager logorroica in fase di stallo da lavoro ma non di competizione, supportato dalla suocera (il personaggio migliore assieme all’amabile nipotina in carne e apparecchio) una ex cantante di successo dispensatrice di salvifico cinismo a tasso alcolico. Gestisce con dedizione e successo un ristorante e maldestro, i fasti di un matrimonio un po’ passatello affossato nei miasmi dell’egoismo. In questo tran tran mediamente isterico si inserisce una gio-  
 
vane governante messicana tosta e tutta d’un pezzo che non pronuncia una parola di americano (Paz Vega) e che si porta al seguito prole femminile che ambirebbe essere americana nel sogno e nelle supposte possibilità d’avverarlo. Gli equilibri precari vacillano per poi ristabilirsi alla luce di sbandate, amori nascenti e scossoni di nervi. Nella trama s’innesta come viticcio malefico la questione loffia della famiglia  
benestante che aiuta i meno abbienti domestici da sponsorizzarsi, però, senza farlo pesare e una riflessione sul linguaggio: corsi di lingua per capirsi o comunicazione affine senza bisogno d’interpreti pur essendo di idiomi diversi? Ci si sforza di star lontano dai clichè e di far qualcosa di diverso ma alla fine pur suggerendo nei propositi, abbozza negli intenti ed è ruffiano nel risultato salvandosi in extremis nell’unico finale plausibile: il ritorno alle origini.

(di Daniela Losini)

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