SKY CAPTAIN AND THE WORLD OF TOMORROW
 
 

- Recensione -

 
Dopo tanti kolossal digitali privi di spina dorsale, finalmente un film in grado di raccogliere l’eredità del cinema fantastico degli anni ’80. “Sky Captain and the World of Tomorrow” è il frutto di una decennale gestazione condotta da Kerry Conran, regista e sceneggiatore che ha creduto in un progetto tanto ambizioso e che, una volta tanto, è stato premiato dall’appoggio di una grande produzione. La fotografia dai contorni sfocati e dai colori “invecchiati” introduce subito in un mondo volutamente retrò, connotato dalle atmosfere noir di una New York molto vicina alla “Gotham City” di Batman, creata nello stesso anno in cui è ambientato il racconto. È, infatti, il 1939 e i vicoli fumosi e le strade trafficate vengono presto invase da un esercito di giganteschi robot. piovuti dal cielo. Il contrasto tra tecno-  
 
logia e ambientazione risulta armonioso e ben riuscito grazie alle realizzazioni grafiche “in stile” operate dalla Pixar. Astronavi, edifici e automi futuristici si integrano perfettamente nel contesto storico prescelto e i macchinari appaiono remoti e nel contempo credibili. Il ritmo dell’azione è incalzante, il mix di tensione, ironia e - brevi - pause romantiche non concede respiro allo spettatore e un cast di star perfetta-  
mente calate nei ruoli completa l’opera di un regista esordiente, ma ben preparato. Jude Law, Gwyneth Paltrow e Angelina Jolie, che hanno recitato sul “blue screen”, aggiornano il classico triangolo di personaggi d’altri tempi. L’eroe affascinante (più incosciente che coraggioso?), la giornalista curiosa e intraprendente e la dura in divisa, carica di sex-appeal, attraversano i panorami e le scenografie più assurdi e maestosi, senza risparmiare citazioni dirette da “Il Mago di Oz” di Victor Fleming, sempre del ’39, e da “Buck Rogers”, primo fumetto di fantascienza. Inutile enumerare i generi e le fonti da cui attinge l’intreccio narrativo, sospeso in un dinamico equilibrio tra avventura, spionaggio e sci-fi e debitore di “Flash Gordon” e di “Guerre Stellari” come di “Rocketeer”. Infine, a parte qualche - inevitabile? - eccesso nella raffinata operazione di restyling visivo, la pellicola ha il pregio di assorbire e di “remixare” il meglio di territori già esplorati, con una decisa accelerazione del fattore spettacolo. (di Alessandro Ruggieri)
 
 
   
 

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