SIDEWAYS
 
 

di Daniela Losini (****)

 

di Margherita Pasquini (**)

Al di là del marchio candidato all'Oscar (e si sa ma all'occorrenza, rispolveriamo, non sempre vale come indicazione positiva) Sideways si inserisce nel filone delle commedie ispirate da situazioni comuni raccontate con piglio brillante e popolate da bravi attori, muniti di talento vivace come dev'essere il vino novello. Si vedono facce vere, si ascoltano dialoghi spassosi e commoventi, si osservano i personaggi attraversare i precipizi quotidiani, le nevrosi, affrontare i piccoli e grandi eventi che possono cambiare il corso di una vita. Da un viaggio enologico, la scusa per tirare le somme sperando di non andare sotto allo zero. Si verserà vino a catinelle, si nomineranno annate, bottiglie pregiate e nomi altisonanti (una manna per gli intenditori e per noi imparaticci qualche gradevole nozione in più) prima che uno dei due amici convo-   Per una serata rilassante e divertente. Si prendano: due amici completamente diversi, l’esatto opposto l’uno dell’altro, un professore di letteratura delle scuole medie ed un ex attore fallito con una carriera alle spalle divisa fra qualche pubblicità e un serial tv, uno bruttarello l’altro belloccio, uno profondo l’altro farfallone, uno esperto amatore di vini e l’altro esperto amante di donne. Si mettano sulla stessa macchina e si mandino in viaggio insieme per una settimana. Si mescoli il tutto aggiungendo un divorzio, un matrimonio in vista e un paio di ragazze. Il risultato: Sideways. Ricetta semplice, veloce senza troppe pretese. Ovviamente ricordarsi di accompagnare tutto con dell’ottimo vino, protagonista e sfondo al tempo stesso del film. Il vino lega indissolubilmente una scena dietro l’altra, accompagna il sapore delle battu-
 
 
 
li a giuste nozze con l'anoressica di turno e solo dopo aver cercato di sparare le ultime cartucce seduttive da scapolo. A far da contraltare, il dimesso professore delle medie fresco di divorzio e depressione, dotato di adorabile pancia prominente e di mille pagine nel cassetto in cerca di editore. Eccovi servito un lungometraggio che strizza l'occhio all'eccezionalità dell'ordinario. Eccovi servito un film sornione, amarognolo, intelligente e sincero. Da bersi a temperatura ambiente. Perché se è vero che la vita, talvolta, può saper di tappo, basta aspettare l'annata buona.   te, profuma gli incontri; il vino che come speculum animi sembra rivelare la personalità di chi lo beve, ne racconta la vita, le scelte, le preferenze. Il vino è vivo come dice Maya (una solare Virginia Madsen), la cameriera di cui si scopre innamorato Miles, è vivo e si evolve continuamente fino a raggiungere l’apice per poi inevitabilmente declinare. Come tutte le cose del resto, come la vita stessa. C'è qualcosa di assoluto nell’aprire una bottiglia, un senso di potenza illimitata nel dare vita ad una creatura di cui solo tu puoi decidere la nascita in quel preciso e irripetibile attimo, sapendo che ad aspettare anche solo un’ora sarà diverso, sarà un’altra cosa. La bellissima metafora che è sottesa e continuamente evocata avvolge con gli effluvi dei pregiati vini californiani tutta la pellicola, regalando una preziosità ad una commedia che sembra comunque qualcosa di già visto. Il cast su cui troneggia indiscutibilmente un Paul Giamatti davvero notevole è stato scelto con cura certosina dal regista e sceneggiatore Alexander Payne (candidato all’oscar per About Schmidt con Jack Nicholson nel 2002) che voleva assolutamente un film “umano”, in cui i personaggi rispecchiassero la realtà quotidiana e non fossero i soliti bellissimi e irraggiungibili divi holliwoodiani.
 
 
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