|
|
|
|
|
|
di
Margherita
Pasquini
(**)
|
Al
di là
del marchio
candidato all'Oscar
(e si sa ma
all'occorrenza,
rispolveriamo,
non sempre vale
come indicazione
positiva) Sideways
si inserisce
nel filone delle
commedie ispirate
da situazioni
comuni raccontate
con piglio brillante
e popolate da
bravi attori,
muniti di talento
vivace come
dev'essere il
vino novello.
Si vedono facce
vere, si ascoltano
dialoghi spassosi
e commoventi,
si osservano
i personaggi
attraversare
i precipizi
quotidiani,
le nevrosi,
affrontare i
piccoli e grandi
eventi che possono
cambiare il
corso di una
vita. Da un
viaggio enologico,
la scusa per
tirare le somme
sperando di
non andare sotto
allo zero. Si
verserà
vino a catinelle,
si nomineranno
annate, bottiglie
pregiate e nomi
altisonanti
(una manna per
gli intenditori
e per noi imparaticci
qualche gradevole
nozione in più)
prima che uno
dei due amici
convo- |
|
Per
una serata rilassante
e divertente.
Si prendano:
due amici completamente
diversi, l’esatto
opposto l’uno
dell’altro,
un professore
di letteratura
delle scuole
medie ed un
ex attore fallito
con una carriera
alle spalle
divisa fra qualche
pubblicità
e un serial
tv, uno bruttarello
l’altro
belloccio, uno
profondo l’altro
farfallone,
uno esperto
amatore di vini
e l’altro
esperto amante
di donne. Si
mettano sulla
stessa macchina
e si mandino
in viaggio insieme
per una settimana.
Si mescoli il
tutto aggiungendo
un divorzio,
un matrimonio
in vista e un
paio di ragazze.
Il risultato:
Sideways. Ricetta
semplice, veloce
senza troppe
pretese. Ovviamente
ricordarsi di
accompagnare
tutto con dell’ottimo
vino, protagonista
e sfondo al
tempo stesso
del film. Il
vino lega indissolubilmente
una scena dietro
l’altra,
accompagna il
sapore delle
battu- |
|
|
|
|
|
li
a giuste nozze
con l'anoressica
di turno e solo
dopo aver cercato
di sparare le
ultime cartucce
seduttive da
scapolo. A far
da contraltare,
il dimesso professore
delle medie
fresco di divorzio
e depressione,
dotato di adorabile
pancia prominente
e di mille pagine
nel cassetto
in cerca di
editore. Eccovi
servito un lungometraggio
che strizza
l'occhio all'eccezionalità
dell'ordinario.
Eccovi servito
un film sornione,
amarognolo,
intelligente
e sincero. Da
bersi a temperatura
ambiente. Perché
se è
vero che la
vita, talvolta,
può saper
di tappo, basta
aspettare l'annata
buona. |
|
te,
profuma gli
incontri; il
vino che come
speculum animi
sembra rivelare
la personalità
di chi lo beve,
ne racconta
la vita, le
scelte, le preferenze.
Il vino è
vivo come dice
Maya (una solare
Virginia Madsen),
la cameriera
di cui si scopre
innamorato Miles,
è vivo
e si evolve
continuamente
fino a raggiungere
l’apice
per poi inevitabilmente
declinare. Come
tutte le cose
del resto, come
la vita stessa.
C'è qualcosa
di assoluto
nell’aprire
una bottiglia,
un senso di
potenza illimitata
nel dare vita
ad una creatura
di cui solo
tu puoi decidere
la nascita in
quel preciso
e irripetibile
attimo, sapendo
che ad aspettare
anche solo un’ora
sarà
diverso, sarà
un’altra
cosa. La bellissima
metafora che
è sottesa
e continuamente
evocata avvolge
con gli effluvi
dei pregiati
vini californiani
tutta la pellicola,
regalando una
preziosità
ad una commedia
che sembra comunque
qualcosa di
già visto.
Il cast su cui
troneggia indiscutibilmente
un Paul Giamatti
davvero notevole
è stato
scelto con cura
certosina dal
regista e sceneggiatore
Alexander Payne
(candidato all’oscar
per About Schmidt
con Jack Nicholson
nel 2002) che
voleva assolutamente
un film “umano”,
in cui i personaggi
rispecchiassero
la realtà
quotidiana e
non fossero
i soliti bellissimi
e irraggiungibili
divi holliwoodiani.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|