SHARK TALE
 

recensione shark tale

 
In fondo al mar, in fondo al mar. Che c’è di nuovo in fondo al mar? Nulla di eclatante eccetto una parodia un tantino tirata per i capelli de il Padrino di Mario Puzo dove alla famiglia Corleone si è sostituita una famiglia di squali, con De Niro sempre al posto che gli compete, non più nei panni di Don Vito ma in quelli di Don Lino, il quale ha i suoi problemi da risolvere visto che l’età avanza, il Sonny della situazione schiatta quasi subito (con succedersi di prevedibili equivoci) mentre il Michael si scopre vegetariano, il che, mutatis mutandis, equivarrebbe ad immaginare la faccia di Marlon Brando se qualcuno gli avesse detto che Al Pacino è gay (nella finzione coppoliana s’intende)! Colori, rumori, musiche, hit della disco dance che fu, tutto l’armamentario inventivo del mondo umano trasportato sui fondali marini (presente gli Antenati?),  
 
pioggia di star hollywoodiane prestate al cartoon in versione ittica che fecero bella mostra di sé in passerella a Venezia: De Niro e il suo neo, Will Smith e il suo rap, Angelina Jolie e le sue labbra, Reneè Zellwegger e non so che cosa (in effetti non l’avevo riconosciuta). Fanno sempre bene le le citazioni, fanno ridere e soprattutto quando sono fatte in modo che si possano agevolmente individuare ti fanno sentire anche particolarme-  
nte intelligente (c’è anche il Titanic con tanto di ritratto di Rose). Peccato che l’ultima fatica di Katzenberg produttore nelle citazioni finisca con l’esaurirsi completamente, senza riuscire a proporre nulla che non sia la solita morale dell’ennesimo sfigato che vuole diventare ricco e famoso per poi accorgersi, una volta diventatolo da impostore, che i veri valori nella vita sono altri, la sincerità, la lealtà, qualcuno che ti ami per quello che sei e non per quello che hai. Visto l’agitarsi tumultuoso in sala nemmeno i bambini sembravano gradire. E vabbè, gli ultimi cartoon ci avevano abituati fin troppo bene, pur restando del parere che quelli targati Dreamworsks (Shrek compreso) rimangono un paio di gradini sotto rispetto a quelli “incredibili” della Pixar. E poi è inutile: dopo Finding Nemo l’oceano non è più lo stesso! Motivo più che sufficiente, credo, per pensarci come minimo un paio di volte prima di decidere se avventurarcisi di nuovo. (di Mirko Nottoli)
 
 
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