SEVEN SWORDS
 

seven swords recensione

 
Un intenso film di duelli, battaglie e scontri tra cavalieri ha aperto la 62° Mostra del Cinema di Venezia. La trama ha origine da un editto imperiale nella Cina del XVII secolo: l’imperatore bandisce la possibilità di esercitare le arti marziali, e le forze al comando di un cinico e crudele guerriero chiamato Vento di Fuoco incominciano a devastare le campagne spargendo sangue e violenza contro i trasgressori, per accaparrarsi ricche taglie. Le Sette Spade sono sette eroi che, in possesso della loro arma magica, decidono di combattere le truppe nemiche di Vento di Fuoco, e nel farlo assumono la difesa di un povero villaggio di contadini. Il film del regista Tsui Hark si basa su una storia avvincente, ricca di diverse citazioni cinematografiche (tra tutte emergono gli archetipi marziali de "I Sette Samurai" di Kurosawa e le epo-  
 
pee di Bruce Lee), spesso violenta e brutale nelle sue descrizioni realistiche dello scenario selvaggio di questo medioevo cinese: l’inquadratura punta con insistenza su corpi decapitati e sangue colante da pezzi di carne, su arti staccati a colpi di lama e pugnali che trafiggono senza alcuna pietà i petti degli uomini. Ma il realismo cede di frequente il passo ad un canone fantastico che attinge alla grande  
tradizione delle arti militari e più in generale alla realtà culturale e religiosa orientale. Tra altissime vette innevate, in mezzo a lande sterminate e solitarie, tra gole e valichi nebbiosi hanno luogo queste avventure leggendarie, che si richiamano ai valori del coraggio, dell’amore e della guerra: gli uomini si combattono per la sopravvivenza e per il dominio sugli altri, e la divisione tra buoni e cattivi sembra un sottile pretesto cinematografico per giustificare il paradigma visionario del film e per narrare con maggiore spessore vicende universali che accomunano il genere umano e la sua storia, lungo il corso dei secoli e non solo nello spazio geografico della Cina del Seicento. La pellicola presenta immagini dal forte impatto visivo, ora quando mostra con crudezza le scena di battaglie, ora quando lascia il campo libero all’immaginazione e soprattutto alla possibilità interpretativa di allargare il contenuto di questi avvenimenti ad altri contesti sociali e ad altri scenari; e non è un caso se Tsui Hark è conosciuto non solo come regista, ma anche come artista poliedrico impegnato nella scrittura e nella musica, nonché in qualità di attore e montatore, e in più produttore. Il suo eclettismo culturale si rispecchia nelle ardite sequenze e nelle surreali scene d’azione che incorniciano gli episodi salienti della storia dei suoi sette spadaccini; e la letteratura “wuxia” (quella che rappresenta il mondo delle arti marziali) da cui trae spunto lo aiuta a raffigurare con efficace potenza sognatrice le lotte in volo nel cielo e le spade magiche dei nostri eroi che assurgono al ruolo di paladini e difensori di valori etici intramontabili nel panorama morale della Cina di tutti i tempi.

(di Michele Canalini)

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