Un grande spettacolo Rock
al momento giusto può
salvare il mondo. Una volta
lo credevano in tanti; oggi,
un po' meno. Ma almeno un
fiducioso entusiasta, per
quanto scalcinato e inascoltato,
c'è ancora: Dewey
Finn, alias Jack Black,
rockettaro incompreso ed
esagitato, che ogni volta
che vola ad angelo dal palco
vie"ne lasciato cadere
a terra a faccia in giù
dal pubblico impigrito,
e che riesce a trasformare
una classe di ragazzini
petulanti e insicuri in
una band coi fiocchi. Diventa
il loro insegnante con un
trucco (ha bisogno di soldi
per pagare l'affitto a un
ex complice imborghesito
da una fidanzata scocciatrice),
li pesca mentre nell'ora
di musica eseguono stancamente
il concerto di Aranjuez,
li travolge con la "mistica"
del rock, tira fuori il
meglio da ognuno di loro:
musicisti provetti, una
vocalist da brivido, uno
stilista capriccio-
so,
persino una
manager tostissima.
School
of Rock
racconta questo
incontro e
questa iniziazione;
è una
storia felice
in un mondo
infelice e
perciò
stupido e
gretto (lo
sono, di primo
acchito, tutti
i genitori
dei ragazzi,
indipendentemente
dalla loro
razza e dal
loro stato
sociale).
È voglia
di libertà,
di musica,
di trasgressione
creativa,
in un'epoca
sempre più
grigia, controllata
e diffidente.
Diretto da
Richard Linklater
(indipendente
americano
tra i più
interessanti
autore di Prima
dell'alba,
Suburbia
e Waking Life),
è un "film
per famiglie"
che piace ai genitori
quanto ai figli, che
non spaccia miti stupidi
ma Storia (sì,
quella del rock, riassunta
in un albero genealogico
pignolo e coltissimo),
che non rassicura
ma invita a seguire
testardamente le proprie
passioni e a tra smetterle.
Il successo sta tutto
lì, nell'aprire
una scuola di rock
per ragazzi, dalla
quale magari salterà
fuori il genio musicale
del prossimo decennio.
Il dominatore, naturalmente,
è Jack
Black, nato
per questo loser malconcio
e imbroglione, questo
fallito casinista
e grasso, questo one-man-band
che improvvisa canzoncine
sulla matematica e
fa emergere l'anima
degli altri (non solo
degli studenti, anche
della preside nevrotizzata
dalle responsabilità,
una Joan Cusak
irresistibile). All'apparenza
meno sulfureo, potrebbe
essere davvero il
nuovo John Belushi:
stessa energia, stessa
forza comunicativa,
stesso "candore"
sotto il piglio vorace.(Emanuela
Martini - Film TV)