Un horror con ambizione
di thriller od un
thriller tendente
all'horror (peraltro
piu’ violento
nelle locandine che
nel film stesso)?
La domanda e' d'obbligo
dopo la visione di
Saw, l'enigmista opera
prima dell'australiano
J.Wan. Un giovane
fotografo, Adam, si
risveglia sommerso
d'acqua in una lurida
vasca da bagno. Catapultatosi
fuori si ritrova incatenato
ad una caviglia, bloccato
ad un tubo di un incrostato
tetro gabinetto abbandonato.
Non conosce il luogo
nè sa come
vi sia arrivato. Ma
non e' solo. Nella
sua stessa condizione,
legato all'altro capo
della stanza se ne
sta impotente il chirurgo
L.Gordon. A far loro
compagnia, disteso
sul pavimento, un
cadavere immerso in
una pozza di sangue.
E' l'incipit di un
gioco perverso le
cui fasi lo spettatore
le vedra' attraverso
gli occhi delle vittime.
L'ideatore delle trappole
è Jigsaw, un
paranoico
che
non
e' tecnicamente
un serial
killer:
rapisce
le sue
vittime
e le
pone
in una
situazione
estrema,
sempre
in trappola
e sull'orlo
di un
baratro
che
conduce
ad una
morte
orribile,
ma a
tutte
concede
la possibilita'
di salvarsi.
Purtroppo
per
loro
la via
di fuga
passa
per
un'azione
a volte
suicida
altre
all'assassinio
di chi
e' nelle
loro
medesime
condizioni.
A far
da sfonfo
alla
vicenda
il detective
Tapp,
Danny
Glover
(Murtaugh
di Arma letale),
ossessionato
da Jigsaw
e convinto
che questi
sia proprio
il dottor
Gordon. Con
la scoperta
della moglie
e la figlia
in pericolo,
il dottor
Gordon deve
liberarsi
in fretta.
Col sospetto
che Gordon
sia Jigsaw,
Adam deve
agire. Su
entrambi incombe
il passar
del tempo
che Jigsaw
non ama vada
mai sprecato..
Il maggior
merito di
"Saw"
e' una sceneggiatura
fluida ed
originale,
con qualche
eccesso di
omaggi ai
predecessori
(Kubrick ed
Hitchcock
per citarne
2 a caso)
ed un paio
di scene evitabili
che non aggiungono
nulla alla
storia come
la parte del
detective
Glover. Nella
prima parte
si apprezzano
alcune scene
per ritmo
e tensione,
purtroppo
il climax
viene spesso
azzerato dal
montaggio
psichedelico
accompagnato
dalla musica
heavy di C.Clouser
(M. Manson,
Helmet). La
nota dolente
proviene dalla
recitazione
dei due protagonisti
sulle cui
spalle e'
caricata la
credibilita'
del film.
Partendo da
Whannell-Adam,
co-sceneggiatore
e praticamente
all'esordio
in un lungometraggio,
lo si percepisce
spesso fuori
luogo, passando
dall'esasperazione
teatralmente
drammatica
all'eccitazione
adolescenziale
da 'American
pie'. L'esperto
Elwes ('bugiardo,
bugiardo',
'the cradle
will rock')
ci trasmette
i suoi moti
interiori
con espressioni
sempre piu'
artificiosamente
improbabili
ed il maggior
guaio e' che
lui è
il primo a
non crederci.
A loro parziale
discolpa,
si deve tener
conto che
talvolta i
dialoghi sono
disarmanti
per la prevedibilita',
soprattutto
nelle scene
chiave dove
addirittura
mettono in
ridicolo i
personaggi.
In aggiunta
la scelta
di Wan di
tenere la
luce del neon
sparata in
tutta la scena
del bagno
mette immancabilmente
a nudo le
loro mancanze
in ogni primo
piano. Il
regista, consapevole
del valore
dello script,
sembra abbia
ampliato il
suo progetto,
ma senza il
coraggio di
decidere per
un taglio
ben definito.
Non c’è
mai abbastanza
tensione da
avere la credibilita'
di un thriller,
raramente
il pulp è
tale da farlo
uno splatter
d’autore.
Concediamo
le attenuanti
generiche
per Wan, opera
prima, basso
budget, ma
soprattutto
per un finale
d’effetto
che completa
coerentemente
il film e
ci risolleva.
Infatti, dopo
tutto, l’enigmista
ha anche una
sua morale.