«Una tipica
storia americana»:
così il regista
e sceneggiatore Taylor
Hackford ha definito
il proprio film. Ed
effettivamente Ray,
nel suo tratteggiare
le umili origini e
la rapida ascesa al
successo di Ray Charles,
la sua tendenza all'autodistruzione
e la sua capacità
di vincere i propri
fantasmi, la sua solidità
di origine contadina
e il suo gusto del
vagabondaggio (anche
sentimentale), i suoi
crolli e il suo impulso
a superare sempre
se stesso, mette in
scena alcuni dei contrasti
tipici della cultura
americana. Onesto
lavoro di ricostruzio
ne storica e psicologica,
ovviamente sorretto
da una fantastica
colonna musicale (ci
mancherebbe!), tuttavia
Ray non si sottrae
alla tendenza agiografica
che contraddistingue
la maggioranza delle
biopic (soprattutto
se realizzate quando
il personaggio è
ancora in vita - ma
non solo). La condi-
scendenza
verso
il suo-eroe,
senza
cancellarne
i vizi,
tende
tuttavia
a smussarne
gli
spigoli
e a
giustificarne
le mancanze.
Lo stile
visivo
si adegua,
ammorbidendo
e diluendo.
Impressionante
l'interpretazione
di Jamie
Foxx,
che
non
"fa"
ma "è"
Ray
Charles;
anche
se personalmente
trovo
ingiudicabile
e vagamente
necrofila
la totale
adesione
mimetica
(come
accade
per
Geoffrey
Rush
nella
parte
di Peter
Sellers
e Cate Blanchett
in quella
di Katharine
Hepburn).
(di Emanuela
Martini -
Film TV)