QUANDO SEI NATO NON PUOI PIU' NASCONDERTI
 

- recensione -

 
Ritorna Marco Tullio Giordana, una delle principali ragioni d’orgoglio nello scialbo panorama nostrano e lo fa con impeto struggente ed immutata bravura, marchi di fabbrica di chi, come il director milanese, riesce ancora ad uscire dalla ragnatela iterativa dei drammi intimisti per regalare storie di vita e cambiamenti. La pellicola, in concorso al cinquantottesimo Festival di Cannes, è tanto l’epopea di Sandro, portato sugli schermi dall’esordiente Matteo Gadola, giovane figlio d’imprenditori, che viene portato in salvo da un barcone di migranti clandestini, dopo essere caduto improvvidamente in mare durante una gita in famiglia, quanto il racconto dei cambiamenti che il contatto con una realtà fino ad ora aliena lasciano nel suo ancora acerbo iter esistenziale. Grazie ad un uso accorto della cinepresa Giordana regala l’ennesima perla di maestria narra-  
 
tiva nel trasporre su 35 mm temi e situazioni di travisabile riduzione banalizzante; il suo è, infatti, un puzzle in cui tutti i tasselli s’incastrano alla perfezione, sublimati dall’abilità non indifferente d’incastonare un dramma dentro l’altro per giungere al risultato (voluto) di estraniare lo spettatore, spiazzandolo proprio quando la macchina sembrava oliata alla perfezione. Eccola, dunque, la genialità di Giordana: la sua capacità  
di spazzare via ogni grigia ipocrisia buonista, rischiarando l’orizzonte del giudizio da qualsivoglia facile e comoda presa di coscienza compassionevole, dettata dall’obbligatorietà (soltanto passeggera) che evocano il momento, il racconto e ancor più la tematica nell’istante. Miscelando il plot tratto dal romanzo della Ottieri con un saggio di Giuseppe Mantovani e richiamando alla memoria tanto implicitamente l’Edmund di 'Germania anno zero', quanto esplicitamente Truffaut, con un tema de 'La peau douce', il regista de 'La meglio gioventù' catalizza l’attenzione dell’immaginario collettivo partendo da un tema, quello della migrazione clandestina, sbattutoci troppo frequentemente in faccia nel bel mezzo di una colazione e verso cui, con molta disinformazione, ci si rapporta con immediato (e limitante) pregiudizio, per arrivare ad un’oculata riflessione sulle conseguenze, troppo spesso soltanto potenziali, che possono riflettersi nella quotidianità e nella crescita di un fanciullo, una volta travalicata linea d’ombra che separa adolescenza e mondo adulto, per arrivare a concludere che, proprio quando il castello di sabbia sembra edificato, una folata improvvisa di vento può spazzare via certezze illusorie per lasciare soltanto l’amara consapevolezza di dover decidere. Questa è la vita: prendere o lasciare; perché ormai è troppo tardi per nascondersi.

(di Marco Visigalli)

- Scrivi la tua recensione!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.