La biografia di Jacopo Carrucci da Pontormo, uno dei geni del manierismo, non pareva granché adatta al cinema: una vita di nevrotica e chiusa coerenza, testimoniata da uno scarno diario. Quello proposto dal film è un Pontormo "eretico", vicino ai fermenti più vivi della cultura italiana negli anni di Lutero, mentre la Chiesa minaccia di irrigidirsi. Il racconto si concentra sulle relazioni di potere intorno all'artista, che sta lavorando al suo ultimo lavoro (compiuto dal Bronzino e infine distrutto): il ciclo degli affreschi di San Lorenzo. Finchè si mantiene nei limiti della divulgazione Pontormo è utile e non troppo noioso. Una buona compagnia di attori regge i ruoli con mestiere. Ma poi il didatticismo soffoca tutto: i dialoghi sembrano didascalie, e il Pontormo, celebre per il suo riserbo, diventa un logorroico teorizzatore di sè
 
  Alcune cadute di gusto e sgradevoli effetti digitali che piazzando i personaggi su set d'epoca, con un risultato simile ai "trasparenti" degli anni'40.
 
 
   
Emiliano Morreale (Film TV)
 
 
   
 
     
     

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