Al cinema ne abbiamo
viste tante, ma una
così ci mancava.
La premiata Makhmalbaf
Film House (padre,
due figlie, moglie)
ha presentato in Concorso
a Venezia 2004 il
secondo film di Marziyeh
Meshkini, moglie del
noto Moshen, già
premiata alla Settimana
della Critica per
il suo esordio "Il
giorno in cui sono
diventata donna".
Neorealismo nella
Kabul post-talebana.
Fratello e sorellina
vivono raccogliendo
legna e carta. Salvano
un cagnolino da bambini
fondamentalisti, dormono
nella prigione dove
è rinchiusa
la madre, ritenuta
puttana e colpevole
perché si è
risposata pensando
che il marito, ex
mullah talebano, fosse
morto in guerra. Quando
non li lasciano più
entrare in carcere,
si ispirano per ritornarci
a Ladri di biciclette
(proiettato in sala
a Kabul!), rubano
una bici lui viene
preso e lei corre
dietro al camion come
la Magnani
in
"Roma
città
aperta".
Film
micidiale,
con
un'unica
bella
e vera
seguenza,
il combattimento
dei
cani.
Film
molto
istruttivo
per
capire
come
non
devono
essere
i film
sulle
disgrazie
di oggi
e di
sempre.
Si accettano
scommesse
su un
sequel:
in carcere
proiettano
"Un
condannato
a morte
è
fuggito",
il ragazzino
scappa,
diventa
uno
sciuscià
e finisce
come
in Germania
anno
zero..
(di
Bruno
Fornara
- Film
TV)