OVUNQUE SEI
 
 

- Recensione -

 
Fino a quando Matteo, medico (Accorsi), ed Elena, tirocinante (Violante Placido), sono vivi, cioè per 15 minuti, il film sembra un esempio di cinema italiano medio da pubblico con racconti intrecciati di vite annaspanti e spicci tradimenti paralleli a sfondo ospedaliero. Quando l'ambulanza finisce a tuffo nel Tevere, tutto cambia: il film annega nel limbo delle buone intenzioni, approda quasi subito all'Ade della comicità involontaria e ne esce di filato per assurgere all'Olimpo degli Scult Movies. Matteo, mesta anima persa, continua ad aggirarsi tra i vivi (era Caproni a dire che «la morte non finisce mai»), sorveglia la moglie Emma, chirurgo, e il di lei amante Leonardo, primario, poi decide di andarsene sul serio nell'aldilà con la sua Elena. Lirismi mancati, enigmi sull'identità, sensi di colpa pre- e post-mortem, situazioni da  
 
serial, metafisica alla romana, intellettualismi a iosa, da Pirandello a Kieslowski, a Caproni (di cui si legge il Congedo del viaggiatore cerimonioso, una delle più belle poesie del nostro Novecento). Michele Placido osa (troppo) e cade (precipitevolissimevolmente). Accorrerà il pubblico al nudo finale frontale-integrale di Accorsi? Accorrerà, accorrerà... (di Bruno Fornara - Film TV)  
 
 
   
 

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