tra
tradizione
e modernità,
tra voglie,
vita e convenzioni.
Inevitabilmente,
il sesso si
confonde con
la santità,
con le domande
su Dio e sugli
assoluti;
l'eccitazione
risiedei n
ugual misura
nella tentazione
e nell'integrità;
salvare il
mondo o abbandonarsi
a esso sono
impulsi equivalenti
ed equidistanti
dal nocciolo
dell'io. Lucrecia
Martel sa
raccontare
questi anni
"sospesi"
dall'interno,
senza giudicarli
e senza demonizzare
nè
l'assolutismo
feroce dell'adolescenza
nè
le inquietudini
compromesse
dell'età
adulta. I
grandi, irrisolti
e sperduti
quanto i ragazzi,
compiono gesti
stupidi (il
medico che,
tra la folla,
si appoggia
sensualmente
alla giovane
protagonista
senza conoscerla)
dei quali
poi si vergognano.
Le loro figlie,
spudorate
e implacabili,
approfittano
di questi
gesti per
guardare con
nuovi occhi
(a volte "santi"
a volte diabolici)
la realtà
che si apre
a loro. Film
a fior di
pelle (come
la musica
del teramin
che irrompe
a sottolineare
la trasgressione),
La nina santa
non racconta
nulla se non
la vita quotidiana,
fatta di inni
sacri, di
occhi che
spiano dagli
spiragli,
di fratelli,
sorelle, cugini
intrecciati
nei letti,
di mamme che
ballano in
sottoveste
e figlie che
nuotano in
piscina, di
affetti, tensioni,
insicurezze,
certezze.
Di un calore
umano palpabile
e concreto,
destinato
probabilmente
a sparire,
ma anche a
segnare la
memoria. (di
Emanuela
Martini -
Film TV) |