Neverland, ovvero
l’isola che
non c’è.
Il rifugio segreto
dei bambini, la meta
dell’immaginazione
infantile trascinata
da Peter Pan, attraverso
le avventure fantastiche
e la compagnia di
tutti quei personaggi
di invenzione che
solo uno spirito fanciullesco
può creare
e considerare veri.
E Johnny Depp interpreta
James Barrie, lo scrittore
scozzese che dà
vita al suo personaggio
più famoso,
il bambino che non
voleva crescere, il
protagonista della
sua commedia andata
in scena in una Londra
di inizio novecento.
Il film assume l’aspetto
di una favola, raccontata
con leggerezza e sentimento,
con pudore e delicatezza;
James Barrie compone
la sua commedia mentre
le immagini scorrono
e la sua vita si intreccia
con quella di una
donna malata che ha
perso il marito e
che si ritrova sola
al mondo con i suoi
figli, in
compagnia
del
dolore
e della
solitudine.
Il nostro
scrittore
non
esiterà
a trasformarsi
nel
suo
personaggio,
trascinando
con
i suoi
giochi
i bambini
e accompagnando
la donna,
interpretata
da Kate
Winslet,
lontano
dalle
strade
desolate
della
realtà
per
condurla
verso
il sogno
felice
dell’isola
che
non
c’è,
lungo
l’asse
del
cielo
stellato
che
si intravede
dalla
finestra
da cui
prenderà
il volo
Peter
Pan.
La pellicola
gioca
appunto
su questo
potere visionario,
una magia
che vuole
rendere eterna
l’infanzia,
ma che non
riesce totalmente
ad allontanare
gli spettri
del reale,
i fantasmi
della sofferenza,
specie nella
loro veste
più
tragica, quella
della morte.
E in questo
sta l’aspetto
di maggior
valore di
questa rivisitazione
cinematografica,
nel cercare
di non tenere
nascosto il
lato buio
di questa
fiaba, quell’abisso
di paure e
angosce malcelate
che forse
vede anche
Peter Pan
quando vola
alto tra le
stelle e i
suoi sogni
di fanciullo
che ha paura
di crescere.
Una paura
che attanaglia
lo stesso
Barrie, specie
quando il
suo spirito
libero si
scontra con
le esigenze
dell’impresario
teatrale (Dustin
Hoffman) e
soprattutto
con la personalità
pragmatica
della madre
di Kate Winslet,
una Julie
Christie che
si cala con
intensità
e grande forza
comunicativa
nel ruolo
di genitore
ansioso e
di nonna meno
sognatrice.
Un richiamo
alla realtà
che può
essere apprezzato
anche da quegli
spettatori
che non si
lasciano ammaliare
da questo
incantesimo
bello e struggente,
ma anche lezioso
e non sempre
sincero. (di
Michele
Canalini)